È online solo da tre giorni e ha già incantato più di 4mila utenti il video girato a 60 metri di profondità grazie a un sottomarino a comando remoto (Rov). Le immagini sono state pubblicate sulla pagina Facebook della guardia costiera. Protagonista il relitto romano che si colloca tra la fine del II secolo a.C. e gli inizi del I sec. a.C. che attualmente si trova sul fondale di Acitrezza e su cui – a quattro anni dalla scoperta – sta lavorando la squadra guidata dal responsabile di zona della soprintendenza del mare Philippe Tisseyre, che proprio qualche giorno fa ha effettuato, su invito del soprintendente Sebastiano Tusa, alcune verifiche sul vascello. Utilizzando un veicolo sottomarino pilotato da una postazione remota.
«In realtà ci sono due relitti – chiarisce Tusa – uno risalente al V secolo e uno di epoca ellenistica che trasportava tegole». In collaborazione con il 3° nucleo sommozzatori della guardia costiera di Messina, diretto dal comandante Giuseppe Simeone, si stanno portando avanti delle ricognizioni «per capire meglio l’età e la provenienza dei relitti e fare una stima dei costi per un eventuale progetto di scavo e recupero».
L’utilizzo del Rov ha permesso agli studiosi di spingersi fino a circa 85 metri di profondità, dove si trovano anfore greco-italiche provenienti dalla Campania o dall’Etruria di almeno cinque diverse tipologie, due delle quali sono state recuperate nel mese di luglio grazie a una collaborazione con la Capitaneria di porto locale.
Un’operazione ancora in fase progettuale, che però ha già coinvolto tanti catanesi appassionati, che sui social chiedono di regolamentare il sito per renderlo fruibile agli amanti della «nostra storia sommersa».
Il sito, come si legge in un post della soprintendenza del mare, è «regolamentato dall’ordinanza della Capitaneria di Porto di Catania 121 del 2011» e sarebbe visitabile, anche se Tusa raccomanda cautela. «Non è facilmente accessibile – avverte – perché i relitti si trovano a una certa profondità e l’immersione tecnica è sconsigliata se non a chi ha un’adeguata professionalità». Ma sottolinea quanto sia comunque importante coinvolgere gli utenti, condividendo novità e scoperte tramite conferenze, comunicazioni e social network. «Coinvolgere i cittadini è essenziale – commenta Tusa – perché da ente pubblico lavoriamo con soldi pubblici ed è nostro dovere rendere conto di quello che facciamo, per questo cerchiamo di coinvolgerli il più possibile». Anche perché i siti su cui si lavora riguardano la nostra storia «ed è giusto che tutti sappiano cosa è avvenuto nel passato e abbiano accesso al patrimonio comune».
E i primi risultati dell’operazione portata avanti con il supporto logistico e di sicurezza della guardia costiera verranno presentati e discussi dall’8 al 10 settembre al V convegno nazionale di archeologia subacquea di Udine, dove verranno illustrate le fasi del lavoro svolto in Sicilia. «Verrà fatto uno scavo scientifico stratigrafico con documentazione grafica, fotografica e localizzazione di ogni singolo reperto con la ricostruzione in 3D – spiega ancora Tusa – e qualora si decida di esporre gli oggetti recuperati si lavorerà per mettere su un museo». Ma intanto ci si concentra sul presente, «per pensare al futuro ci vogliono tempo e denaro».
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