Non tramonta il progetto del Cable Park – il centro sportivo acquatico che dovrebbe sorgere ad Acireale – ma le opere realizzate nel cantiere sono state dichiarate abusive.
Questo è quanto pronunciato dalla prima sezione del Tar di Catania con la sentenza dello scorso 27 dicembre.
Il procedimento ha visto coinvolti i rappresentanti della ditta di Wake Surf Center Srl di Misterbianco
insieme al progettista e direttore dei lavori Gianfranco Caudullo, contro il Comune di Acireale, l’Asp di
Catania, l’assessorato al Territorio e Ambiente, alle Infrastrutture e alla mobilità, ai Beni culturali e il Genio civile.
Le opere in questione, delle costruzioni in legno e un
invaso per l’acqua, sorgono nella frazione acese di Aci Platani e sono al centro del dibattito politico e giuridico dal 2016. Da quando la società, usufruendo di un finanziamento del Coni e in accordo con lo
Sportello per le attività produttive, ha pensato di investire ad Acireale e mettere mano a quello che doveva
essere un polo sportivo per discipline acquatiche, come il wakeboard e lo sci nautico.
Il giudizio del tribunale amministrativo, che secondo molti segna il fatto che il progetto del Cable Park difficilmente vedrà la luce, è stato interpretato però come una «vittoria» da parte del progettista Gianfranco Caudullo, l’ingegnere che in passato è stato scelto anche come assessore designato del Movimento cinque stelle di Catania e di Aci Catena. «Questa sentenza rimette il treno sui binari: possiamo portare l’opera a compimento – afferma – Dopo cinque conferenze di servizi, adesso ci sono al massimo 60 giorni di tempo per convocare quella definitiva con cui si potrà far ripartire il progetto: non si può bocciare solo perché c’è un’opera abusiva».
Di avviso contrario è Francesco Fichera, ex assessore all’Urbanistica nella giunta acese di Roberto Barbagallo. «La sentenza parla chiaro: le opere vanno demolite perché abusive». Fichera, che insieme all’ex sindaco si era fatto promotore dell’iniziativa, ammette di essere stato da sempre a favore della realizzazione del Cable Park, ma che «non sapevo delle opere abusive – ammette – sebbene eravamo a conoscenza del procedimento della richiesta di variante. Quando i lavori sono stati sospesi lo abbiamo appreso dagli uffici. I privati, prima di costruire, avrebbero dovuto aspettare che il procedimento si concludesse. Adesso si deve rispettare la sentenza».
Parole dalle quali Caudullo sembra dissentire. «C’è chi dice che abbiamo costruito prima di avere i permessi necessari, ma questa cosa rimane molto interpretabile: noi abbiamo costruito entro uno spazio agricolo che non abbiamo modificato – risponde – Quando si eseguirà la procedura per l’abbattimento di opere abusive, chiederemo l’accertamento di conformità. La demolizione non può esistere: aspettiamo di andare in conferenza di servizi». Il cantiere nasce a ridosso di una zona con dei vincoli paesaggistici, vicino al Parco delle Aci e al torrente Lavinaio-Platani.
«A giugno 2018 – continua Caudullo – l’assessorato ai Beni culturali ha detto che le opere non devono essere demolite: abbiamo la compatibilità paesaggistica». Collateralmente al procedimento amministrativo, Caudullo e l’amministratore della società sono coinvolti in un procedimento penale per abuso edilizio in una zona sottoposta a vincolo. Passaggio, quest’ultimo, che aveva portato la magistratura ad apporre i sigilli ai cancelli del cantiere: «Il procedimento penale è ancora aperto – conclude -. Noi ci aspettiamo l’archiviazione perché la magistratura ha deciso di togliere i sigilli al cantiere: questo è già un segnale positivo».
Nel luglio del 2017, quando i lavori sono quasi completi, il cantiere viene fermato dopo un controllo da parte dei vigili urbani. Lo stop arriva perché il cantiere
nasce su un terreno a uso agricolo, che avrebbe dovuto essere convertito in zona territoriale omogenea per essere edificabile. Passaggio, questo, per cui è stata necessaria l’assoggettabilità a Vas
(valutazione ambientale strategica) delle opere, su cui si è espressa la Regione alla fine del 2017, con
qualche mese di ritardo. Si aspettava poi la variante al piano regolatore per essere
discussa in Consiglio comunale.
Dopo mesi in cui la vicenda era rimasta in stallo, arriva il giudizio del tribunale amministrativo
che giudica incompatibile la portata delle opere con il terreno a destinazione agricola. Un altro punto
contestato alla società è poi l’erronea presentazione della Cila (comunicazione di inizio lavori asseverata),
documento con cui la società ha suffragato la bontà dei lavori in cantiere, ma che è stata considerato non
efficace per costruire. In ultimo, il Tar ha imposto al Comune di Acireale e alla conferenza di servizi di
rideterminarsi entro i 60 giorni dalla notifica della sentenza per dare il proprio parere sulla variante al
piano regolatore generale. La variante, sebbene non sani totalmente gli abusi commessi, è necessaria per
tenere a galla il progetto.
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