Adesso è ufficiale. Da oggi la città di Acireale avrà un luogo dedicato alla memoria di Francesco Vecchio, il dirigente dell’acciaieria Megara ucciso dalla mafia il 31 ottobre 1990 nella zona industriale di Catania, insieme all’amministratore delegato della società Alessandro Rovetta. Un omicidio che non ha mai avuto un colpevole e che per anni è caduto nel dimenticatoio. Lo scarto con la storia è stato però in qualche modo recuperato stamattina con la trasformazione dell’ormai ex piazzale Com in largo Francesco Vecchio. La cerimonia di intitolazione si è svolta alla presenza dei familiari della vittima, dell’amministrazione comunale guidata dal sindaco Roberto Barbagallo e delle associazioni e delle parti civili che già da tempo hanno lavorato affinché la città desse prova tangibile di voler rispolverare il proprio passato.
A prendere parte all’inaugurazione è stato anche il presidente di Libera, don Luigi Ciotti, che ha parlato per ultimo: «Siamo qui per ricordare chi è stato ammazzato dalla mafia – ha dichiarato – ma non basta svelare delle lapidi e intitolare delle vie. Quei nomi devono essere incisi nella nostra coscienza, se no diventa una celebrazione e di celebrazioni non ne abbiamo bisogno. Perché c’è tanta memoria che è diventata retorica nel nostro Paese».
Ciotti è poi tornato sull’esigenza di risalire alla verità delle stragi di mafia, ricordando come nel caso di Vecchio a distanza di 25 anni non si sappia nulla. Già nei mesi scorsi, Salvatore Vecchio, uno dei figli della vittima, aveva dichiarato a MeridioNews di aver scoperto nel 2008 uno stralcio di un interrogatorio del pentito Maurizio Avola, il quale nel 1994 aveva parlato dell’omicidio Vecchio-Rovetta. A quell’interrogatorio però parrebbe non essere stata data particolare importanza: «Non è possibile che a distanza di anni non si conosca la verità – ha continuato il presidente della Libera -. Il 75 per cento dei familiari delle vittime di mafia non sa la verità, a queste condizioni non è possibile parlare di giustizia».
Da Ciotti, poi, un riferimento anche all’abuso di parole come legalità e antimafia, a cui sempre più spesso si ricorre con il rischio di svilirne il reale significato: «Ancor prima che parlare di legalità bisogna riscoprire la giustizia – ha ribadito il presidente di Libera, che lo scorso anno ha ricevuto minacce di morte dal boss Totò Riina -, la giustizia deve essere il vero obiettivo, la legalità è solo uno strumento per raggiungerla». Poco prima di salire sul palco, lo stesso Ciotti si era lasciato andare a un breve commento a MeridioNews sull’uso, particolarmente frequente in Sicilia, dell’antimafia come grimaldello politico: «Come dico sempre, bisognerebbe essere responsabili non solo dei fatti ma anche delle parole che utilizziamo».
Chi per anni ha vissuto il dramma dell’assassinio del dirigente dell’acciaieria Megara è la sua famiglia. E se dal palco il figlio Salvatore ha invitato a non credere a chi nega l’esistenza della mafia, perché «la mafia c’è e c’è la mafiosità di chi con determinati comportamenti quotidiani» prestano il fianco all’affermazione della criminalità organizzata, il fratello Pierpaolo ha ricordato le conseguenze in termini di relazioni interpersonali che ebbe quel delitto. «In quell’auto potevo esserci anche io – dichiara il figlio di Francesco Vecchio a MeridioNews – perché in quegli anni lavoravo con mio padre. Dopo il suo omicidio per tutta la famiglia è stato un periodo molto difficile, fatto di amicizie che venivano meno e diffidenza generale. Perché non erano pochi quelli che pensavano “se lo hanno ammazzato evidentemente qualcosa aveva fatto, se la sarà cercata”».
La giornata ha registrato anche due piccole polemiche: la prima riguardante la parziale presenza delle scuole, specialmente dei due licei acesi, e la seconda inerente a una piccola contestazione registratasi nel quartiere san Cosmo, luogo di destinazione del corteo che è partito da largo Francesco Vecchio. A chiarire parzialmente la prima questione è stato il dirigente scolastico del liceo scientifico Archimede, Riccardo Biasco: «Siamo presenti con una delegazione formata da tre classi – ha dichiarato il preside dell’istituto -. Troppo poche? Purtroppo il mese di maggio è un periodo complicato per la didattica, ma la vicinanza alla manifestazione è comunque forte».
Per quanto riguarda la contestazione – avvenuta a margine dell’intitolazione di una via a Giorgio Ambrosoli alla presenza della figlia, Francesca, e promossa da Liberacittadinanza Acireale – la quale si è detta grata alla città di Acireale per aver pensato di destinare un luogo alla memoria del padre, nonostante la sua vicenda personale si sia svolta al Nord – un gruppo di residenti ha protestato nei confronti dei politici locali, accusati di vivere il territorio soltanto nelle occasioni ufficiali. All’origine del malumore, pertanto, non ci sarebbero riferimenti all’avvocato milanese ucciso a Milano nell’estate del 1979.
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