«Aveva avuto altri problemi, e di che tipo? Si può sapere?». «Non li conosco». «Mi è bastata la sua faccia, signor sindaco». Questo lo scambio di battute andato in onda, in diretta televisiva, lo scorso 21 febbraio su Rai Uno. A porre l’interrogativo è il conduttore de l’Arena, Massimo Giletti. L’interlocutore è il sindaco di Acireale, Roberto Barbagallo. A tenere banco è la questione assenteismo, con l’inchiesta della procura di Catania che ha iscritto nel registro degli indagati 62 dipendenti, accusati a vario titolo di aver simulato la propria presenza, o quella di un collega, negli uffici comunali. Tra di essi c’è anche Mario Primavera, il cui nome era già noto in ambienti giudiziari. Un’inchiesta del 2003 indagava i suoi presunti rapporti con il clan mafioso dei Laudani e ha portato al suo cambio di ruolo all’interno del Comune. Lo stesso da cui parte l’indagine recente.
Primavera nell’ordinanza è indicato come «collaboratore dei vigili urbani e impiegato ai lavori pubblici e manutenzione». È finito al centro dell’attenzione mediatica per essere stato colui che, manomettendo la telecamera nascosta – piazzata dagli inquirenti per riprendere il comportamento dei dipendenti davanti al registratore di presenze -, ha di fatto decretato la fine delle indagini. Durate appena 12 giorni, ma sufficienti a descrivere uno scenario in cui sono almeno 15 le persone che avrebbero assunto comportamenti non in linea con le normative. Nei giorni scorsi per l’impiegato sono finiti gli arresti domiciliari. La misura cautelare gli è stata revocata dopo il ricorso del legale, l’avvocato Alfio Pennisi.
Nel caso di Primavera, a destare stupore e a restare senza risposta nel salotto televisivo di Rai Uno è stato il suo passato da agente di polizia municipale. Posizione dalla quale è stato estromesso. A dirlo è lo stesso Barbagallo: «Era stato declassato circa dieci anni fa. Aveva avuto altri problemi», ha detto il primo cittadino rispondendo agli ospiti in studio senza dilungarsi in precisazioni. Subito dopo, Giletti tenta di capire i motivi della perdita della divisa da parte di Primavera, ma Barbagallo lo stoppa sottolineando di non essere a conoscenza dei dettagli della vicenda.
In realtà, però, la storia dell’ex vigile urbano è tutt’altro che sconosciuta. Essendo finita, addirittura, sui giornali. Era il 2003 quando il suo nome viene citato nell’informativa dell’inchiesta antimafia Glazier. Indagine condotta dai carabinieri e firmata dal comandante Alessandro Nervi, che porta nel registro degli indagati 35 persone sospettate di associazione mafiosa e svariati reati collegati. Nell’elenco c’è anche Primavera. Per lui l’aggravante è quella di «avere istituito e tenuto una casa da gioco al fine di agevolare l’attività dell’associazione facente capo alla famiglia Laudani». I rapporti che Primavera ha avuto, messi nero su bianco nelle pagine dell’ordinanza, sono quelli con Sebastiano Nello Torrisi e Salvatore Tulletti, con cui viene intercettato al telefono. Il primo, già pregiudicato, coinvolto recentemente nell’operazione I vicerè, viene considerato un affiliato dei Laudani che si occuperebbe del traffico di droga. L’altro, insieme al referente mafioso Orazio Scuto detto ‘u vitraru, avrebbe gestito quattro bische clandestine nel territorio acese.
Per la storia del gioco d’azzardo e la connivenza con il gruppo dei Laudani, Mario Primavera viene condannato in primo grado salvo poi essere assolto in Appello e in Cassazione. Nonostante l’assoluzione avesse garantito all’impiegato il ritorno a lavoro, l’allora sindaco Nino Garozzo scelse di trasferirlo dalla polizia municipale spogliandolo dalla divisa e mandandolo in un altro ufficio. Contro questa decisione, Primavera in passato avrebbe fatto ricorso al tribunale del lavoro che però avrebbe confermato la legittimità della scelta del Comune.
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