Settecentomila euro. Euro più, euro meno. A tanto ammonta il finanziamento regionale destinato agli abitanti di Acireale colpiti dalla devastante tromba d’aria del 2014. Una somma di denaro come una boccata d’ossigeno, per un piccolo esercito di cittadini che subì pesanti danni alle proprie abitazioni. Il suono della sirena per usare questi fondi però non è ancora arrivato. Fra lentezze burocratiche e qualche cantiere – pubblico – ormai concluso. Perché quei 700mila euro sono una percentuale di una cifra complessiva che si aggira sui tre milioni. Fondi provenienti da Palermo, che il Comune della fascia ionica ha stornato in gran parte per il recupero del teatro Maugeri e del PalaVolcan. Tradotto: ad aspettare, dopo quasi quattro anni, restano 130 persone. Cioè coloro che sono stati ammessi nella graduatoria finale, dopo che una commissione ha valutato oltre 200 domande. Lo scorso settembre il sindaco Roberto Barbagallo annunciava il via libera definito del finanziamento, ma la partita sembra destinata ai tempi supplementari.
I cittadini sono sconfortati e dopo l’ultima bufera giudiziaria che ha portato all’arresto del sindaco e di alcuni dirigenti, in bocca sentono anche un brutto sapore. Un discreto numero di case resta inagibile, mentre chi ne aveva la possibilità ha portato a termine i lavori aprendo il portafogli. Agostino Pennisi, battagliero ex sindaco di Acireale, è il portavoce del comitato civico 5 novembre, costituito in maniera informale dopo la tromba d’aria. Al telefono oggi annuncia che di quell’aggregazione di cittadini non è rimasto praticamente più nulla. «Ci siamo auto-liquefatti», spiega sconsolato. «Da quello che sappiamo ancora nessuno ha ricevuto i soldi previsti e come cittadino non può che dispiacermi che ci siano ancora dei miei compaesani senza casa», aggiunge. Il suo cavallo di battaglia è stato però un altro: riguarda la continua richiesta di ottenere anche dal governo centrale il riconoscimento dei danni, con la riapertura delle pratiche. «Perché non equivale assolutamente alle fatture che sono state presentate». Una presunta sottostima dei danni generali che però non avrebbe trovato la sponda, politica, necessaria. «L’amministrazione di Acireale non ha mai risposto alle nostre istanze. Abbiamo scritto diverse volte senza ricevere mai una risposta», conclude Pennisi.
Scorrendo l’elenco delle 130 persone a cui è stato riconosciuto il contributo, sono forse gli indirizzi – più che i nomi – a ricostruire la traiettoria di quel tremendo mulinello generatosi in mare, che colpì prima la Timpa, poi il centro della città, fino a perdere progressivamente potenza dopo aver sferzato anche la zona settentrionale. Centotrenta nomi, tra cui quello del capo dell’area tecnica comunale Giovanni Barbagallo. Secondo la procura, la sua pratica sarebbe stata inserita dal dirigente della Protezione civile Salvatore Di Stefano, aggirando la commissione tecnica di esperti che era l’unico organismo titolato a stabilire chi avrebbe avuto i fondi e chi no. Ai magistrati, tre dei quattro professionisti esterni che ne facevano parte hanno raccontato che l’incartamento di Barbagallo faceva acqua da tutte le parti, perché sarebbe mancato ab origine il nesso di causa tra il maltempo di quel giorno e il danno denunciato: lesioni verticali su un muro spesso 60 centimetri. E che, alla fine, la commissione non ha mai valutato in modo definitivo quei documenti, perché sarebbero stati smarriti. Una sparizione su cui gli inquirenti nutrono non poche perplessità. Barbagallo e Di Stefano, da venerdì, si trovano in carcere. Arrestati, come del resto il sindaco Roberto Barbagallo, perché coinvolti nell’inchiesta Sibilla.
Mentre, almeno nella ricostruzione dei pm, dentro agli uffici di vertice di via Lancaster c’era chi cercava di barare, molti cittadini – le cui case erano state danneggiate sul serio dal tifone del 5 novembre 2014 – erano costretti a spendere i risparmi di famiglia per le riparazioni. Riparazioni che in alcuni casi coinvolgevano parti essenziali dell’appartamento, dunque particolarmente costose. «In autunno – racconta uno dei 130 a MeridioNews – ho avuto un avviso dal Comune secondo cui la mia documentazione era ammessa a questo contributo, che è minimo». «Abbiamo affrontato delle spese ingenti – prosegue – per mettere in sicurezza il fabbricato, perché da noi tutto il palazzo si è ritrovato con il tetto completamente sfondato. Una parte, infatti, è stata dichiarata inagibile». Secondo il cittadino, la costruzione della graduatoria ha rappresentato, in ordine di tempo, soltanto l’ultimo dei guasti. «Tutta la vicenda – attacca – è stata gestita in maniera approssimativa, dilettantesca, non si sono resi conto degli effettivi danni, per altro hanno sistemato alcune strutture pubbliche con la massima urgenza, mentre le case delle persone sono rimaste sconvolte».
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