Acireale, due giorni al Pronto soccorso per il referto «Le Tac? Le spediscono in auto negli altri ospedali»

Domenica mattina un anziano signore viene investito davanti al cimitero di Acireale da un pirata della strada. Dopo esser stato soccorso in pochi minuti, viene trasportato nel vicino Pronto soccorso dell’ospedale Santa Marta e Santa Venera, dove verrà dimesso soltanto la mattina del martedì successivo. Due giorni trascorsi nel reparto d’urgenza, con una profonda ferita alla nuca, in attesa del referto di dimissioni. Un periodo che secondo Giuseppina Napoli, figlia del paziente, sarebbe trascorso per colpa del ritardo nel trasporto della tac dal presidio acese al Cannizzaro di Catania, dove l’immagine – contenuta su supporto informatico – è stata letta e refertata da un neurochirurgo. Un sistema attivo da molti anni, quello del collegamento tra realtà sanitarie del territorio, che permette anche alle strutture prive di alcuni reparti specialistici di servirsi del consulto di professionisti operativi nelle aziende più attrezzate. 

Un servizio che però, ancora oggi non avviene in via telematica ma si serve di una vettura che fa fisicamente la spola. «Sembra tutto normale, vero? Solo che ho sentito dire che questo invio avviene per corriere privato – commenta Giuseppina Napoli – Una o più ditte convenzionate fanno avanti e indietro con automobile aziendale a portare dischetti e restituire referti». «Non mi risulta che si utilizzi una ditta esterna – smentisce nettamente Francesco Luca, direttore sanitario dell’Asp 3  ma abbiamo una macchina con un autista assunto da noi», con vetture aziendali. Un elemento che però non cambia il punto: «Ci sono costi per il personale – continua la signora Napoli – usura delle vetture, spese assicurative, costi del carburante, inquinamento e perdita di tempo. Nel caso di mio padre, per esempio, il referto non è arrivato subito ma l’indomani, comportando un giorno di degenza in più per l’ammalato. Quindi un aumento della spesa per il sistema sanitario nazionale. Io mi chiedo – conclude – se sia verosimile che nel 2016 un cd viaggi a quattro ruote da Acireale al Cannizzaro?». 

A dare una prima risposta a MeridioNews è Giuseppe Giammanco, direttore generale dell’Azienda sanitaria provinciale di Catania: «Il Cannizzaro, il Policlinico e il Garibaldi supportano gli ospedali di seconda fascia per i casi di necessità, il tutto in una logica di rete – dichiara il manager – Catania è una provincia fortunata perché i tre presidi sanitari del territorio sono dotati di specialità importanti come la Chirurgia toracica, Malattie infettive o Neurochirurgia». Sul sistema di comunicazione tra strutture il direttore parla di una progressiva digitalizzazione, ancora non del tutto operativa. «In alcuni casi non si stampa più ma l’immagine prodotta dalla macchina viene inviata con un’automobile su supporto. Oggi ci si sta spostando gradatamente verso la via telematica, come ad esempio per gli elettrocardiogrammi della rete degli infarti, un sistema che vogliamo implementare anche per le immagini». «Tanti anni fa – continua Giammanco – si mandavano fisicamente le lastre, poi il supporto informatico con le vetture, ma riusciremo a breve a inviarli per email o tra macchine già digitalizzate». 

A complicare però questa transizione, secondo Francesco Luca ci sarebbero problemi di dialogo tra sistemi operativi diversi. «Tutti i nostri ospedali, da Caltagirone, Bronte, Paternò e Biancavilla, dialogano tranquillamente tra loro attraverso internet. Con le altre aziende non funziona così perché spesso i sistemi informatici non sono uniformati». «Se noi, per esempio, abbiamo delle apparecchiature Kodak e il Cannizzaro Fujifilm – continua Luca –  è chiaro che non riescono a comunicare, anche se penso che da qui a fine anno riusciremo a mettere a punto un sistema unico». 

Oltre alle attese però, la signora Napoli denuncia inoltre le condizioni in cui è stato ospitato il padre parlando di «sporcizia e degrado». «Dopo aver cambiato mio padre perché i vestiti erano inzuppati di sangue, l’hanno avvolto in una busta di plastica perché non avevano lenzuola, facendolo morire di freddo – aggiunge – Mi chiedo se questo sia rispetto per la dignità umana. Vorrei aggiungere che il livello igienico sanitario dei locali è precario, le porte sono sporchissime e per terra è talmente poco pulito che le scarpe appiccicano». Le lunghe attese e il caos nello stesso reparto erano già state denunciati da Sebastiano Gulisano, fratello del paziente infartuato deceduto nei locali del Santa Venera dopo aver atteso quasi tre ore per esser sottoposto a un elettrocardiogramma

Mattia S. Gangi

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