Le pretese di Ascenzio Maesano sarebbero state più elevate. Dall’indagine sul presunto giro di tangenti all’interno del Comune di Aci Catena, che ha portato all‘arresto il 10 ottobre dell’ex primo cittadino, del consigliere ed ex funzionario Orazio Barbagallo e dell’imprenditore dell’Halley consulting Giovanni Cerami, emergono dettagli che rafforzano l’ipotesi secondo cui la mazzetta di 15mila euro, consegnata il 4 giugno nelle mani di Barbagallo, potrebbe essere stata soltanto un tassello di un mosaico più ampio.
Stando infatti a quanto scritto dalla giudice per le indagini preliminari Anna Maggiore, nell’ordinanza di convalida delle richieste di misure cautelari – poi riviste in sede di Riesame con l’applicazione dei domiciliari per tutti gli indagati -, Cerami ha raccontato che «anche in passato, in occasione del rinnovo dei contratti relativi al servizio di assistenza e manutenzione dei sistemi software e hardware, aveva consegnato delle somme di denaro al Barbagallo». Cifre che sarebbero state inferiori a quella beccata dagli inquirenti con un’intercettazione ambientale, dove si sentono il consigliere e Maesano spartirsi i 15mila euro. Sull’ammontare complessivo delle tangenti, tuttavia, ci sono ancora dei dubbi. Nelle scorse settimane, sia Cerami che Barbagallo avrebbero parlato di 20mila euro. Con l’ipotesi che il consigliere abbia potuto trattenere una parte per sé, prima della spartizione con Maesano.
Il dazio però nelle intenzioni dell’ex primo cittadino, che dall’uscita dal carcere di piazza Lanza vive a Riposto, sarebbe dovuto essere molto più pesante nel momento in cui in ballo non ci sarebbe stato soltanto la manutenzione, ma anche il progetto di tele-assistenza Home care e finanziato dall’Unione europea per un valore di 252mila euro. A spiegarlo è ancora una volta Cerami. Secondo l’imprenditore, «per la gara del progetto Home care il sindaco aveva chiesto la somma di 50mila euro». La pretesa era stata fatta arrivare a un dipendente di Cerami, il quale a sua volta l’aveva girata a quest’ultimo. L’amministratore di fatto dell’Halley, d’altronde, ha spiegato ai magistrati titolari dell’inchiesta, Pasquale Pacifico e Barbara Laudani, di non aver mai incontrato Maesano e di aver avuto in Barbagallo l’unico tramite con il Comune. A partire dalla metà degli anni Novanta, quando la ditta, che all’epoca si chiamava Sisco, iniziò a lavorare per l’ente. Senza più interruzioni, nonostante in più di un’occasione i rinnovi contrattuali sarebbero giunti in contrasto con quanto previsto dalla normativa in materia di appalti.
Davanti alla richiesta di 50mila euro, Cerami avrebbe però detto di no «perché – scrive la giudice – l’importo richiesto gli sembrava eccessivo». È per questo, quindi, che quando Barbagallo gli avrebbe chiesto 15mila euro, Cerami avrebbe acconsentito, considerando quel pagamento una sorta di sconto sulla mazzetta necessaria per arrivare al progetto Home care.
Lo scambio di denaro, però, avrebbe alimentato l’ansia di commettere un passo falso. Sopratutto in Barbagallo. Che a giugno, venendo a sapere delle visite della Dia negli uffici comunali, inizia ad allarmarsi. «[Cerami] incontrava successivamente altre due o tre volte Barbagallo – ricostruisce la giudice -. In queste occasioni Barbagallo mostrava la sua preoccupazione, avendo appreso delle perquisizioni disposte dalla Procura». L’ex consigliere ed ex capo dell’ufficio Ragioneria avrebbe chiesto a Cerami «se avesse sporto denuncia». Domanda alla quale Cerami avrebbe risposto: «Ma se ho pagato perché avrei dovuto denunciare?».
Le parole di Cerami, che secondo i magistrati «ha seriamente collaborato» a differenza di quanto fatto da Maesano durante l’udienza di convalida dove l’ex sindaco avrebbe assunto un «atteggiamento arrogante» cercando «di negare anche l’evidenza esponendo circostanze per nulla credibili», rimangono al vaglio degli inquirenti. L’inchiesta, che sarebbe partita per un approfondimento investigativo nel settore dei rifiuti, rimane aperta e potrebbe portare a ulteriori novità nelle prossime settimane.
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