Abusivismo, in Sicilia 7mila ordinanze di demolizione Solo mille sono state eseguite, dossier Legambiente

Che faccia ha l’abusivismo edilizio nel 2018? Dov’è? È diventato un fenomeno socialmente accettato, oppure no? Gli abbattimenti si fanno? Quali problemi, reali o presunti, ostacolano l’intervento delle ruspe e il ripristino della legalità? Sono queste alcune delle domande a cui Legambiente ha cercato di dare una risposta con il dossier Abbatti l’abusivismo, presentato questa mattina a Palermo.

Se il peso maggiore è composto dall’abusivismo cronico, secondo lo studio dell’associazione ambientalista non mancano comunque le nuove costruzioni irregolari: nel solo 2017, secondo gli studi del Cresme riportati nel dossier, ne sono sorte oltre 17mila a livello nazionale, il 16 per cento sul totale del costruito. «Un dato in lieve flessione – osserva Legambiente – ma sostanzialmente in linea con quello dell’anno precedente». Che, però, sottolinea anche come le demolizioni siano un ottimo deterrente contro l’abusivismo edilizio: «Sulla scorta di esperienze importanti, dalla Valle dei Templi di Agrigento, alla costa salentina a quella campana – si legge nello studio – si ottiene l’effetto non secondario delle autodemolizioni: in media, per ogni abuso abbattuto d’ufficio, ne viene abbattuto uno direttamente dagli stessi proprietari».

Passando invece ai numeri, in Sicilia dal 2004 ad oggi sono state emesse 6.637 ordinanze di demolizione (terza solo a Campania e Veneto), di cui 1.089 sono effettivamente diventate esecutive. Ma c’è di più: la legge infatti prevede che se il proprietario di un immobile abusivo non rispetta l’ingiunzione alla demolizione entro 90 giorni, lo stesso viene automaticamente acquisito al patrimonio immobiliare pubblico. In Sicilia tra le 5.548 ordinanze non eseguite, solo 887 immobili sono stati trascritti nel registro immobiliare pubblico.

«Sono tante le cittadelle illegali – ricorda ancora il dossier -, per lo più lungo la costa, che hanno occupato impunemente interi tratti di litorale. Tra i casi più noti alle cronache, anche per l’impressionante numero di immobili, ci sono Triscina (a Castelvetrano), Licata, Catania e Marsala in Sicilia, ma anche le isole minori, come Lampedusa e le Eolie». Ma come è cambiato il mercato dell’abusivismo con la crisi? Se fino agli anni del boom dell’abusivismo (quelli collegati agli annunci di sanatorie) si arrivava a un 30 per cento di costruzioni abusive sul totale dei nuovi edifici, ecco che con la crisi diminuiscono le percentuali, ma cambia soprattutto l’approccio in tema di abuso. «Per esempio – scrivono ancora gli autori del dossier di Legambiente – c’è quello che si va diffondendo nelle case popolari del quartiere Zen di Palermo, dove una recente inchiesta fotografica di Repubblica ha immortalato miniappartamenti sorti tra i piloni dei porticati, finestre aperte su muri condominiali, magazzini che spuntano nei cortili, recinzioni che delimitano la presa di possesso di spazi comuni per farci il proprio terrazzo personale. Ci sono gli ampliamenti volumetrici degli immobili regolari, fatti di terrazzi, vani accessori, parcheggi e tettoie; ci sono le realizzazioni in aperta campagna, dove al posto di magazzini agricoli sorgono ville e impianti sportivi».

Lo scorso anno, il lavoro delle forze dell’ordine sul ciclo illegale del cemento ha portato alla luce 3.908 infrazioni, un dato in leggera flessione rispetto all’anno precedente, mentre a crescere è stato il numero delle persone arrestate, da undici a 48. «La regione leader – si legge ancora – che imperterrita non smette di costruire abusivamente, è la Campania, che con 702 infrazioni accertate (18% del totale), 878 denunce e 243 sequestri guida la classifica nazionale. Al secondo posto, la Calabria con 478 reati, quindi la Puglia con 418 e il Lazio con 347. Quinta è la Lombardia con 253 infrazioni, seguita dalla Toscana con 251 e dalla Sicilia con 206».

Miriam Di Peri

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