Don Roberto Elice, ex parroco della chiesa Santissima Assunta, è stato condannato in primo grado a sei anni a quattro mesi di reclusione per violenza sessale su minore. La condanna è stata inflitta dal gup Sergio Ziino, che è andato oltre la richiesta del pm che aveva sollecitato una condanna a cinque anni. Nel processo si è costituita parte civile la madre dei due adolescenti che sarebbero stati oggetto degli abusi.
Tutto sarebbe cominciato durante un pellegrinaggio a Medjugorje. In quel luogo meta di viaggi di fede e speranza, due fratelli di tredici e quindici anni raccontarono di aver subito abusi sessuali proprio da don Elice, che li aveva accompagnati. Abbracci baci e carezze nelle parti intime che poi sarebbero proseguiti anche al ritorno a Palermo. A scoprire gli abusi fu la madre dei due fratellini, che denunciò il sacerdote nel 2014. Il prete era stato arrestato dalla polizia il 2 febbraio scorso mentre si trovava a Roma, dopo oltre un anno di indagini. Dopo le indagini confessò tutto. Al suo avvocato Mario Zito, che ha preannunciato appello, Elice ha consegnato una lettera nella quale dice di sperare che i due adolescenti non debbano patire conseguenze gravi dal suo comportamento.
La Curia, dopo la confessione, trasferì il parroco a Roma in una struttura dedicata. Lo sospese a divinis e avviò un procedimento penale canonico a suo carico. Durante l’interrogatorio l’indagato ammise le sue responsabilità e confessò di aver dato baci e carezze ai due fratelli. Il procuratore aggiunto Salvatore De Luca e il sostituto Claudio Camilleri, proprio per l’evidenza della prova, decisero di chiedere il rito abbreviato, saltando così l’udienza preliminare. Durante le indagini gli investigatori, inoltre, risalirono ad una terza presunta vittima, un ragazzo ora maggiorenne, che negli anni passati avrebbe ricevuto le stesse attenzioni dei due fratelli. Quando il sacerdote confessò le sue colpe alla Curia l’ex arcivescovo Paolo Romeo sostenne in un’intervista: «Abbiamo subito contattato la madre dei bambini informandola del suo diritto-dovere di denunciare. Ci disse che l’aveva già fatto. Noi abbiamo seguito le regole del diritto canonico. Ci siamo offerti anche di sostenere economicamente la mamma dei bambini». Alla domanda se non fosse stato il caso di avvertire tempestivamente la Procura, il cardinale Romeo rispose che «alla Chiesa non tocca fare alcuna denuncia. Con don Roberto si è adottata la massima severità. Certo, un padre non può abbandonare il proprio figlio, anche in questa situazione così grave. E il vescovo è un padre». Il suo successore alla guida della chiesa palermitana, don Corrado Lorefice, dopo l’emissione della custodia cautelare in carcere per don Elice, espresse subito «profonda solidarietà alle vittime delle violenze subite e ai loro familiari» e chiese loro perdono.
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