AAA vendesi futuro. Prezzi modici

«Appesi a un filo, sostenuti da un’idea: un’altra università è possibile». Questo lo slogan che ha accolto i partecipanti all’assemblea aperta indetta dai coordinamenti dei Precari della Ricerca e dell’Università Flc-Cgil di Catania per discutere sull’imminente approvazione della riforma universitaria, l’acuirsi della crisi, l’emergenza occupazionale, ma soprattutto delle inaccettabili condizioni in cui versano tutti i lavoratori precari dell’università e dell’istruzione in generale.

Con la riforma – sostengono i precari – nei prossimi anni si bloccherà il ricambio generazionale di docenti e ricercatori universitari, crescerà il numero dei lavoratori atipici per continuare a tappare i buchi della didattica e della ricerca e si ridurranno le opportunità di accesso degli studenti all’università pubblica. Per questa ragione, l’obiettivo primario dell’incontro è stata l’analisi del disegno di legge Gelmini per far venire a galla tutte le insidie celate dietro alla strategia di governo.

Ospitata dalla facoltà di Lingue e letterature straniere, la manifestazione del 2 dicembre si inseriva nel programma di mobilitazione nazionale organizzato dai coordinamenti dei vari Atenei e si è svolta in contemporanea in tutte le maggiori università italiane.

L’auditorium del Monastero dei Benedettini, sede dell’incontro, era aperto a ricercatori e docenti universitari precari, ma anche a studenti, docenti strutturati, insegnanti precari e personale tecnico amministrativo universitario e scolastico. Un «giro d’opinione per capire e discutere su alcuni punti fondamentali della riforma» come l’ha definito la moderatrice Chiara Rizzica.

Il primo contributo al dibattito l’ha dato il preside della facoltà di Lingue Nunzio Famoso, secondo il quale «Il ddl Gelmini dimostra come lo Stato non voglia più spendere un euro sull’istruzione. Con l’introduzione del numero chiuso verrà negata la possibiltà di accedere alla formazione e il concetto stesso dei diritto allo studio. Per non parlare della sconcezza attuata nei confronti dei giovani studiosi che hanno investito nell’università dando un contributo alla conoscenza e che rischiano di essere liquidati così selvaggiamente. Se questo è il profilo che vi si prospetta davanti, credo che la soluzione sia alzare il livello dello scontro e portarlo in parlamento».

Momento fondamentale dell’Assemblea è stato la presentazione di un documento critico elaborato da professori e ricercatori precari nato dall’esigenza di discutere per «produrre altri documenti partecipati e condivisi, che servano da primo passo di una lotta comune».

«La strategia di governo prospettata per risolvere i problemi dell’università è stata sin dall’inizio il taglio spietato delle risorse unito ad un sostanziale blocco di concorsi ed assunzioni di personale strutturato, basati sul concetto del ridimensionamento» ha detto Antonio Las Casas, ricercatore precario di Giurisprudenza, citando alcuni stralci della relazione. «Tale ridimensionamento fa sì che lo stato non fornisca più alcuni servizi pubblici tra i quali formazione e ricerca a fronte di un contenimento delle spese, dando la possiblità agli atenei di di trasformarsi in fondazoni per provvedere autonomamente al proprio sostentamento, in una prospettiva di ‘privatizzazione del sistema del sapere pubblico».

Tra le tematiche affrontate nel Ddl emergono alcuni aspetti preoccupanti come il totale ribaltamento degli equilibri direttivi all’interno degli Atenei. In sostanza, si trasferisce il potere decisionale sulle questioni che riguardano lo sviluppo e le gestione dell’università dal senato accademico al consiglio d’amministrazione e quindi da una dimensione culturale ed interna ad una meramente economica ed esterna. Per quanto riguarda il sostegno economico agli studenti, che verrà attribuito da un fondo finalizzato a promuvere l’eccellenza e il merito tra studenti individuati mediante prove nazionali standard, non saranno più erogate borse di studio bensì premi di studio, buoni studio e prestiti ad onore (che gli studenti ripagheranno proprio perché eccellenti). L’obiettivo non è quello di rimuvere gli ostacoli economici, ma promuovere eccellenza e merito. Ultimo elemento analizzato è stato il riconoscimento del ruolo dei precari: nulla è disposto sulla figura del lavoratore atipico. «Il silenzio della legge dimostra quanto il precariato sia tenuto in considerazione – continua Las Casas – Il problema deve essere affrontato in modo radicale e produttivo, con la possibilità di creare rapporti di lavoro ragionevoli e stabili».

«Nella nuova proposta di legge si parla di merito, qualità ed efficienza, ma l’università italiana non ha nessuno di questi requisiti – sostiene Claudio Franchi, coordinatore nazionale Flc-Cgil – e non li acquisterà certo dopo la riforma. Si è parlato di governance, ma sarebbe come strutturare l’università in una dimensione immobile. Portando avanti questa politica la conoscenza non sarà più, nemmeno ideologicamente, un nodo strategico del Paese. Per la mia generazione una fine contratto equivale ad un licenziamento. Prepariamoci allora ad un licenziamento di massa. E gli studenti? Se ne accorgeranno anche loro quando non potranno più scegliere. Quando gli accessi alla formazione si baseranno solo sul reddito e non sul merito. Per noi l’università non è questa, ma un luogo di esercizio della democrazia e della libertà e che garantisce la possibilità di uno sviluppo generale».

A nome dei precari del personale tecnico-amministrativo delle facoltà di Lingue e Lettere, che a causa dei tagli rischiano di perdere il posto di lavoro, è intervenuto Enzo Ierna. «ll personale tecnico amministrativo precario lavora all’interno dell’università per fornire più sevizi a tutti – ha detto Ierna – ma che ha pochissimi diritti. Questa è una riforma economica non didattica, e lo dimostrano i futuri licenziamenti del personale t.a. a Lettere e Lingue. Non solo rimarrà una didattica scadente, ma verranno meno anche i servizi. E noi perderemo il nostro lavoro. Quanti ne hanno consapevolezza?».

Secondo i rappresentanti dell’Udu è importante sensibilizzare gli studenti perché «non sono consapevoli delle effettive conseguenze di questa riforma. Concedere prestiti da onore come agevolazione economica equivale a calpestare il diritto allo studio. Studenti, fate sentire la vostra indignazione. Il vostro silenzio è complice delle ingiustizie. Vogliamo vedervi incazzati, la responsabilità è anche vostra».

Nel suo intervento il prof. Antonio Pioletti ha avanzando alcune proposte concrete per opporsi alla politica dei tagli. «Non è vero che il ridimensionamento aumenta la qualità, diminuisce solo l’accesso alla formazione. L’Italia ha bisogno di più laureati. I saperi non devono essere lo spezzatino dei crediti: dobbiamo studiare meglio, e tutti». Il docente ha sottolineato l’importanza di organizzare un confronto in Parlamento, elaborando documenti su tematiche ben precise, come il numero chiuso. «Allestiamo in piazza Università una postazione per informare sul prossimo sciopero generale e facciamo le lezioni in piazza. Ma soprattutto deve essere subito aperta una vertenza sindacale per difendere i diritti del personale precario che sarà licenziato».

Presenti anche i rappresentanti del Coordinamento dei Precari della Scuola, la cui attività intrecciata con quella dei coordinamenti dell’università, muovendosi insieme per contrastare problemi comuni. «Dobbiamo crescere come movimento – spiega Lorenzo Giustolisi – e dobbiamo riuscire a bloccare, insieme agli studenti, scuola e università. Dobbiamo uscire dalla dimensione personale per poter cominciare finalmente ad avanzare richieste su come deve essere l’istruzione che vogliamo».

A proposito di mobilitazione nazionale, lo sciopero generale dei lavoratori della conoscenza indetto da Flc-Cgil e la manifestazione nazionale di Roma sono fissati per venerdì 11 dicembre.

Perla Maria Gubernale

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