A Villa Zito dopo 30 anni ritorna il futurismo di Pippo Rizzo «Anche qui grandi mostre senza il bisogno di andare Milano»

«Nel libro delle presenze della rassegna dedicata a Keith Haring, un giovane ha espresso la sua gratitudine nei confronti della Fondazione Sicilia perché, grazie al suo impegno, qui può “ammirare grandi opere senza spostarsi a Milano”. Segno che l’istituzione ha posto in essere notevolissime iniziative, a cominciare dalla valorizzazione del proprio patrimonio. La personale di Rizzo nasce proprio da questa idea, e lo facciamo aprendo ancora una volta il palazzo alla città». Non nasconde la sua soddisfazione Raffaele Bonsignore, il presidente della Fondazione Sicilia, in occasione della presentazione a Villa Zito di Dialoghi futuristi, l’antologica di Pippo Rizzo le cui opere tornano dopo quasi trent’anni a Palermo con una mostra dedicata al leader del movimento futurista in Sicilia. 


Nata dalla collaborazione tra la Fondazione Sicilia e l’Archivio Pippo Rizzo, la mostra Pippo Rizzo | Dialoghi Futuristi, si inaugurerà a Villa Zito domani 12 luglio alle 19 e sarà visitabile fino al 16 settembre. Con oltre 70 lavori tra dipinti, disegni, oggetti d’arte applicata, mobili e documenti, la rassegna si focalizza sulla produzione dell’artista palermitano e sulla straordinaria esperienza del Movimento futurista in Sicilia, mettendone in evidenza la rete di relazioni, affinità elettive e scambi intellettuali che si svilupparono a partire dalla fine degli anni Dieci del Novecento fino agli ultimi scampoli degli anni Venti. Alla presentazione, oggi pomeriggio a Villa Zito, erano presenti tra gli altri anche l’Assessore regionale ai Beni Culturali, Sebastiano Tusa, e i curatori Giulia Gueci e Sergio Troisi.

Per valorizzare questa trama di percorsi e idee, sono esposte le opere di Rizzo presenti nelle mostre più importanti a cui aderì – dalle Biennali di Venezia del 1926, del 1928 e del 1930 a quelle della I Mostra di Arti Decorative Siciliane di Taormina del 1928, fino alle mostre del Sindacato fascista di Belle Arti di Palermo (1928 e 1929) – insieme con molti bozzetti, disegni e oggetti di arte applicata che rivelano la sua intensa attenzione nei confronti dei dettami della Ricostruzione futurista dell’universo. Dall’acquarello Autoritratto Futurista del ’21 fino al notissimo Nomade del 1929 (proveniente dalla GAM di Palermo), passando per i masterpiece che hanno segnato l’ascesa della sua carriera e l’affermazione nel novero dei futuristi – come il Il treno notturno in corsa e i Lampi – il visitatore avrà la possibilità di avvertire la febbrile creatività di quegli anni comprendendone ispirazioni, riferimenti e finalità.

Importantissima la presenza dello Schermidore Salafia del 1928, che dopo essere stato disperso per molto tempo e dopo circa 90 anni di assenza dalla Sicilia, torna a Palermo per essere esposto per la prima volta in occasione della mostra. Ma le stesse opere provenienti dalla donazione Rizzo Amorello, esposte normalmente a Villa Zito, saranno collocate in un percorso completamente differente, in modo da dialogare con i lavori dell’artista arrivati in occasione di questa preziosa esperienza, per creare nuove chiavi di lettura del percorso di Rizzo all’interno di una contestualizzazione critica più ampia. In mostra saranno inoltre presenti i lavori di Giacomo Balla, Fortunato Depero, ma anche Renato Guttuso, che di Rizzo fu allievo, e Paolo Bevilacqua.

«Sono circa 30 anni che non si fa una mostra su Rizzo e credo che questo sia un nuovo inizio che racconta un decennio importante a Palermo, i primi anni Venti, e uno degli artisti più acuti che ha fatto da collegamento tra il movimento e la Sicilia – dice Gueci, la pronipote dell’artista siciliano visibilmente emozionata – Una rassegna che mette insieme strettamente opere e documenti, e ripropone l’attenzione storica e critica sulla sua attività e dei suoi compagni d’avventura, e del fenomeno del futurismo in Sicilia. E poi riporta l’attenzione critica su quello che è il lessico pittorico di Rizzo e di come è stato in grado di rompere la distinzione tra arti maggiori e minori. Una mostra eterogenea raccontata su più livelli: molta pittura ma non solo». 

Un elemento essenziale della rassegna, infatti, è l’esperienza della Casa d’Arte Pippo Rizzo che, sul modello di Balla e Depero, divenne alla metà degli anni Venti fucina progettuale a tutto tondo, laboratorio di idee e novità dalla quale verrà fuori non soltanto un lessico pittorico moderno, ma anche una cospicua progettazione di opere d’arte applicata, dai mobili alla grafica: tappeti realizzati dalla M.I.T.O., gli ombrellini, le stoffe ricamate, i disegni dei giocattoli e i bozzetti-collage degli arazzi. In mostra sarà quindi presente il famoso e spigoloso salottino futurista di Pippo Rizzo, recentemente esposto alla Fondazione Prada di Milano nell’imponente mostra Post Gang Tumblr Tum. Art Iife Politics: Italia 1918-1943, concepita e curata da Germano Celant, insieme con i disegni preparatori per altri elementi d’arredo. Interessante a riguardo sarà il confronto con la progettazione e produzione di tappeti e arazzi di Rizzo, Corona e Bevilacqua con quelli di Balla; così come l’accostamento dei “Portatori d’uva” di Rizzo, oggetto di legno laccato, con il celeberrimo pupazzo Campari di Depero e con alcuni suoi straordinari manifesti d’epoca che ne sottolineano tanto la vicinanza con la Sicilia quanto una similitudine stilistica.

«Cos’è cambiato in questi 30 anni? – si interroga Troisi che esattamente 29 anni anni fa, al secondo piano di Villa Zito, ha curato la prima mostra su Rizzo – Tanto, a partire dalla distinzione tra primo e secondo futurismo. Era giusto che questa cesura venisse meno. E poi, la seconda differenza, l’accento posto stavolta sulle arti applicate con un allestimento che mette in gioco questo dialogo continuo tra opere pittoriche, arredi e oggetti. Credo che questo sia l’aspetto più importante, assieme ai documenti legati alla vita dell’artista, l’archivio Rizzo, un filo rosso che tesse insieme tutte queste testimonianze e che per la prima volta viene esposto al pubblico».

E la città torna a omaggiare uno dei suoi maestri più significativi, proprio nell’anno di Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018come ricorda Bonsignore: «È chiaro che i bilanci si fanno a fine anno, ma in questi sette mesi l’istituzione ha posto in essere notevolissime mostre. E, arrivati a luglio, si può affermare che Palermo non è stata solo nominata Capitale della Cultura ma è la capitale della cultura. E questo lo si deve non solo a istituzioni pubbliche, al Comune, alla Regione, ma anche a quelle private, tra cui la Fondazione Sicilia che ha iniziato a lavorare per la città dopo essere stata tra i primi a caldeggiare la sua candidatura». 

Dello stesso avviso è Tusa per il quale «sia la quantità e qualità delle presenze in città sia i commenti positivi della stampa nazionale e internazionale, sembrano confermare che l’obiettivo è stato raggiunto. Ma Palermo deve rimanere capitale della cultura anche dopo il 2019, perché siamo convinti che solo attraverso la valorizzazione della sua cultura e del suo patrimonio millenario la città e la Sicilia potranno avere uno sviluppo culturale ed economico. Il sogno di industrializzatone degli anni ’50, purtroppo, ci ha lasciato solo disastri di carattere paesaggistico e sociale – conclude – e oggi c’è un nuovo filone di sviluppo che si basa sulla cultura».

Antonio Mercurio

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