C’è un abisso tra le parole e i fatti, tra i proclami e i segnali provenienti dal rettangolo di gioco. Nella settimana che ha preceduto la gara esterna contro il Chievo (anzi due considerando la pausa dovuta agli impegni delle Nazionali) i giocatori del Palermo hanno ripetuto con continuità che erano consapevoli dell’importanza della sfida di ieri e che avrebbero interpretato nel modo giusto un match da vincere assolutamente. Invece il campo ha detto cose diverse. Novellino aveva chiesto nei giorni scorsi attenzione in fase difensiva, possesso e verticalizzazioni, ma i rosanero al Bentegodi non hanno fatto nulla di ciò che il tecnico aveva loro raccomandato. Le partite, per carità, spesso prendono direzioni imprevedibili, ma nel caso specifico del Palermo fa riflettere il gap tra la sicurezza ostentata dalla squadra durante la marcia di avvicinamento alle partite e l’atteggiamento passivo mostrato poi dalla stessa squadra nell’arco dei 90 minuti. Il Palermo che prepara le partite durante la settimana e il Palermo che scende in campo per una partita «vera» sembrano due realtà parallele, due squadre sintonizzate su frequenze diverse.
Lo spirito mostrato in casa del Chievo (senza nulla togliere ai meriti della compagine di Maran che ha legittimato il successo con una prova positiva) non è quello che deve avere una squadra chiamata a salvarsi. Senza determinazione e furore agonistico la strada diventa inevitabilmente in salita e, anche se numeri alla mano il traguardo è ancora alla portata, il destino sembra segnato. La cura Novellino (è di un punto in tre partite, al momento, lo score del tecnico di Montemarano) non ha ancora sortito gli effetti sperati. L’ex allenatore del Modena, bacchettato da Zamparini nel post-partita, non ha ancora trovato la chiave giusta e soprattutto non è riuscito a trasmettere quella mentalità che serve ad un gruppo per emergere dalle paludi della bassa classifica. Del resto, se il Palermo non vince da dieci giornate (4 pareggi e 6 sconfitte) e ha ottenuto solo due punti negli ultimi sette turni un motivo ci sarà. A prescindere dalle sbavature (da matita blu, ancora una volta, gli errori in fase difensiva di Struna e dei suoi compagni di reparto), il vero tasto dolente è l’approccio psicologico, la mancanza di personalità. I rosanero dovrebbero giocare con il coltello tra i denti sapendo di essere costretti a conquistare punti preziosi in chiave salvezza e invece, in campo, hanno confermato la propria fragilità. Una squadra molle, senza carattere e che si lascia travolgere con troppa facilità dagli eventi negativi.
Novellino, apparso in confusione dal punto di vista tattico, ha detto dopo la partita che non è notte fonda. Probabilmente qualche aspetto incoraggiante si può trovare, come il gol di Gilardino (il numero 186 in serie A) o la reazione mostrata dopo il momentaneo pareggio, ma, come evidenziato anche nel recente passato, sono solo dei lampi nel buio. Piccole gocce in un oceano di negatività che, peraltro, tocca anche le sponde della prossima sfida casalinga contro la Lazio, da giocare senza lo squalificato Vazquez. L’ammonizione per proteste ricevuta dal Mudo, che era diffidato, era evitabile, ma la decisione dell’arbitro Mariani è sembrata ingiusta, incoerente con il metro utilizzato nel corso della partita e penalizzante per un giocatore (l’unico rosanero in grado con le sue intuizioni di cambiare il volto di una partita) che in campo subisce una quantità industriale di falli spesso non puniti in maniera adeguata.
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