Chi passa davanti piazza Pretoria in questi giorni viene attirato inevitabilmente da un’installazione collocata davanti l’ingresso del Comune di Palermo. Il colore dorato, la scelta del materiale e il periodo temporale hanno tratto in inganno qualcuno. No, non è un addobbo natalizio ma si tratta di un’opera artistica dal nome Eldorato, ideata e prodotta dall’artista fiorentino Giovanni De Gara.
«Un progetto – si legge nella descrizione – che racconta l’illusione di questo millennio: l’esistenza di una terra dell’oro, dove ci sono benessere e futuro. Una terra lontana di cui si sa poco e di cui si immaginano meraviglie; una terra al di là della linea dell’orizzonte che ce la nasconde». Eldorato utilizza come materia prima un oggetto che negli ultimi tempi ha acquisito una decisa notorietà e una forte carica simbolica: le coperte isotermiche normalmente usate per il primo soccorso in caso di incidenti e calamità naturali ed entrate nell’immaginario collettivo come veste dei migranti. Un progetto itinerante, migrante anch’esso, che di solito vede come sede privilegiata l’esterno delle chiese e che è cominciato il 28 giugno scorso a Firenze: De Gara ha abbellito in questo modo le tre porte dell’abbazia di San Miniato al Monte in occasione delle celebrazioni del millenario dalla sua fondazione.
«Poi sono andato a Pistoia e lo scorso 3 ottobre a Lampedusa, nella giornata della memoria e dell’accoglienza – racconta De Gara – Il 10 ottobre ero già stato a Palermo e avevo collocato l’installazione presso l’ingresso della chiesa valdese. Questa però, che è la mia dodicesima tappa, è la prima volta che scelgo una sede laica come l’ingresso di un Comune. Visto quello che fa il sindaco Orlando e ciò che rappresenta la città mi sembrava la scelta più simbolica, soprattutto col Natale in mezzo». L’opera con i teli salvavita dei migranti, collocata il 24 dicembre, tornerà a spostarsi con l’arrivo del nuovo anno. «Le prossime tappe certe, a gennaio, sono Pavia, Brescia, Bologna – prosegue l’artista – Di sicuro poi scenderò a Brindisi e ci sono date in itinere fino a giugno. Mi piacerebbe chiudere il progetto a un anno di distanza dal suo avvio con la porta di San Pietro a Roma. Io propongo un oro povero rispetto a quello ricco che ha contraddistinto certe chiese, anche se poi il discorso attuale porta sempre il progetto a concentrarsi sui migranti. Ma in generale, ripeto, l’oro simboleggia l’accoglienza in termini più generali, ad esempio verso le coppie di fatto o i gay, verso religioni e culture diverse».
Un’installazione del genere, specie di questi tempi, è destinata a far discutere. Anche perché a una prima occhiata può essere davvero scambiata per una semplice decorazione: una confusione dovuta anche all’assenza di una qualsivoglia descrizione e tantomeno di un’intitolazione che ne renda palese il carattere artistico. «La fantasia umana maggiore è quella degli artisti – sorride Da Gara -, chi non comprende che si tratta di coperte termiche mi ha detto di tutto, c’è stato anche chi mi ha chiesto se si trattasse di materiale antincendio». E al di là del possibile fraintendimento resta un rischio maggiore, ovvero quello della speculazione. Considerando, di nuovo, la repressione governativa e la condanna sociale del fenomeno migratorio. «Mi sembra però che Palermo non si sia incattivita in questo senso – riflette l’artista fiorentino – poi è anche vero che i palermitani sono silenziosi e magari la critica non la dicono subito o la dicono in modo velato. Però la città si conferma un’anomalia rispetto al clima imperante in Italia. Di solito la mia opera viene poco commentata dal punto di vista artistico e molto da quello politico, ma si tratta spesso di commenti schierati e quindi la discussione in questo senso diventa poco interessante».
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