A no ordinary sunday, Qbeta in concerto al Ma Questa sera, col nuovo libro di Claudio Ferro

Anche per domenica 30 novembre il Ma Musica Arte, il club di via Vela a Catania, è pronto a offrire No Ordinary Sunday, l’aperitivo dove cultura, arte, musica e vintage si uniscono in un unico format originale. L’ingresso è assolutamente gratuito e senza liste.

Il programma di domenica 30 novembre inizia alle 20.30 nella Graffiti Station, per lo spazio d’arte diretto artisticamente da Francesco Russo, con la presentazione editoriale di Come un killer al buio (Inkwell Edizioni) di Claudio Ferro.

A seguire il live dei Qbeta. In Birreria nuovo appuntamento de Il palco libero show, cose folli e divertenti, sempre alla ricerca di una voce e di nuovi talenti, di Alessandro Falcione & co. Per lo spazio del gusto, il Ma Ristorante propone la formula già ben e apprezzata del Japan, Street O Sicilian, ovvero a prezzi speciali e solo per la domenica le migliori e particolari pietanze dello chef Carlo Borghini. Per lo spazio d’arte, dalle 20 alle 23.30, fino al 6 dicembre si potrà visitare la mostra fotografica Il Buddha allo specchio del pittore e fotografo, Giampaolo Raffa. 

Claudio Ferro. Il libro: Carlo Fabbri è un avvocato di cinquantasei anni, che dal sud si è trasferito a Padova dopo la morte della moglie. Mentre vive un insolito stato di grazia, per la riconciliazione con la figlia maggiore, gli capita un incidente: una sera, tornando in casa in bicicletta, per evitare una donna che gli ha attraversato improvvisamente la strada, finisce a terra e perde i sensi. Viene soccorso da due passanti che lo portano all’ospedale e poi a casa. Claudio Ferro, catanese di 53 anni, è direttore del personale presso lo stabilimento etneo della STMicroelectronics. 

Qbeta. La band: Peppe Cubeta, autore di musiche e testi, chitarra acustica e voce solista; Sebastiano Forte chitarra elettrica; Luca Galeano chitarra elettrica; Salvo Cubeta batteria; Eusebio Getulio basso; Pierpaolo Latina piano elettrico; Claudio Alfò trombone; Stefano Ortisi sax; Filippo Alessi percussioni.

«Il mandorlo è in fiore e io che sogno un viaggio nel mondo è la frase che ha in se il senso intero del lavoro dei Qbeta. Il mandorlo è albero che adorna i movimenti irregolari ed aspri della nostra terra. Nelle sue radici scorre la linfa della Sicilia stessa. Ma il mandorlo è anche albero aperto, innestabile con altri frutti… ed è ciò che cerchiamo di fare all’interno del nostro percorso creativo. Un mandorlo con le radici ben infisse in Sicilia, ma che si nutre anche di terra ocra d’Africa, di vento meticcio latino/americano, ritmi sanguigni dei Balcani, solarità Mediterranea. Un grande mandorlo vigoroso, ricco di essenze e umori del sud». Parola di Peppe Cubeta, autore e leader della formazione di Solarino, in provincia di Siracusa, nata nel lontano 1992 ad opera dei fratelli Cubeta, dai quali prende il nome e che gli stessi definiscono una «band etno funky mediterranea».
La diversa estrazione musicale dei componenti (jazz, rock, classica) ha portato ad uno stile nato dalla miscelazione di diversi generi: musica etnica, jazz, funk e musica latina, il tutto in chiave world music mediterranea. L’aspetto più evidente di tale mediterraneità, però, non riguarda solo gli arrangiamenti, ma anche il tenore dei testi delle loro canzoni cantati spesso in dialetto (tra le tante: Giuvanni Funky, I re, Menu mali ca c’è u mari, Kuturissi).

Numerosi gli interventi della band solarinese ad importanti manifestazioni musicali nazionali ed internazionali, come ad esempio: Arezzo Wave, Roxy Bar (trasmissione televisiva condotta da Red Ronnie nella quale presentarono la canzone Pulifemu, il cui arrangiatore era Roy Paci) nel 1996, la quinta edizione del Social Forum di Porto Alegre in Brasile nel 2005 (unico gruppo italiano ad essere selezionato per quella manifestazione), il Forum del Mediterraneo di Barcellona sempre nel 2005, l’Austin City Limits Music Festival di Austin (Texas) (unica band italiana) nell’edizione del 2010 ed il Concerto del Primo Maggio in piazza San Giovanni a Roma insieme a Paolo Belli, nel 2011. 

Redazione

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