A New York, aspettando l’uragano Sandy

Scrivo queste righe alle 3:30 del pomeriggio ora di New York. Sandy, con tutta la sua forza, doveva arrivare a scatenarsi dalle otto di sera in poi, ma hanno appena annunciato che sta anticipando di un paio di ore, insomma tra meno di tre ore sarà già qui.

Vivo a Brooklyn, nel quartiere di Park Slope. La mia zona è considerata in sicurezza, cioè fuori dalle zone A, B e C considerate invece di evacuazione, eppure il mio isolato, sulla President Street tra Quarta e Quinta Avenue, fa eccezione nel quartiere e invece cade nella zona C. (a sinistra, foto tratta da classmeteo.weather.com)

La zona A già da ieri ha avuto l’ordine di evacuare, le zona B e C invece sarebbero ancora risparmiate dall’evacuazione, ma devono rimanere all’erta. Un giornalista, all’ultima conferenza stampa del Sindaco Michael Bloomberg, ha chiesto se la situazione peggiorerà anche alle zone B e C e sarà chiesto di evacuare. Bloomberg ha risposto che non è previsto, e se poi effettivamente dovesse essere il caso, sarebbe troppo tardi, non ci sarebbe più tempo per avvertire la popolazione perché sarebbe troppo pericoloso uscire…

La ragione che la mia casa, pur essendo nel quartiere di Park Slope, cade nella zona C, è dovuta al fatto ché si trova a solo tre isolati di distanza dai canali di Gowanus, antichi canali che dal mare entrano fino a dentro Brooklyn, come se l’antico insediamento di coloni olandesi dovesse veramente assomigliare ad una New Amsterdam… Questi canali, con l’alta marea e la tempesta in arrivo, potrebbero rompere gli argini e allagare tutta la zona.

Un’ora fa, alle 2:30 del pomeriggio, sono uscito sfidando le raffiche di vento, per andare a vedere i livelli dei canali di Gowanus. Effettivamente sono alti, l’acqua era a circa un metro dagli argini. Quando Sandy spingerà ulteriormente l’oceano dentro New York, l’acqua dei canali di Gowanus si alzerà e avremo il mare per le strade.

Tra il canale e casa mia ci sono tre isolati pianeggianti. Per fortuna, dopo la quarta Avenue, dove inizia il mio bloc, comincia il quartiere di Park Slope, che è chiamato così proprio perché le strade sono in salita e il quartiere cresce in direzione del magnifico Prospect Park, che sta in cima e sovrasta tutta Brooklyn.

“Slope” significa infatti “in discesa”, vivo cioè nelle discese dal parco. Immaginate strade parallele che da un parco in cima, scendono giù. Le case di Park Slope, quei tipici brownstone di Brooklyn uno accanto all’altro con le scale davanti che si vedono nei film, stanno in fila una attaccata all’altra per quelle salite e l’alluvione non ci arriverà mai fin lassù. Ma io con la mia famiglia vivo nel primo blocco di Park Slope, la prima delle salite, quindi non sono completamente al sicuro, e infatti la città ci tiene dentro la zona di avacuazione C…

I miei amici siculo-francesi, Veronique e Alain, vivono alla nona strada tra l’Ottava avenue e il parco. Praticamente in cima a Brooklyn. Al telefono pianifichiamo un piano di fuga, se i canali del Gowanus si faranno troppo minacciosi, Veronique e Alain sono pronti ad ospitarci. Ma come ci arriviamo a dieci blocchi di distanza se le raffiche di Sandy soffieranno a 80 miglia?

Stamattina, al supermecato negli scaffali era rimasto ben poco. Acqua minerale e pane fresco o confezionato sparito. Per fortuna le scorte di acqua le avevamo già fatte così come le ultime batterie per le torce le avevamo trovate ieri, prendiamo solo degli affettati e del parmigiano. Il sindaco Bloomberg ha avvertito di avere scorte di cibo e acqua per almeno tre quattro giorni, noi saremo ok anche per dieci giorni. (a destra, i canali di Brooklin)

New York, soprattutto a Manhattan, è una metropoli sempre in costruzione e sempre più verso l’alto. Quindi ci sono grattacieli sospesi in aria ancora non finiti, magari con le gru sospese e i piani più alti ancora tutti aperti. E’ così nella “Freedom Tower” del World Trade Center, per esempio. Certo, hanno detto che hanno messo in sicurezza tutti i macchinari e gli strumenti di lavoro, ma in tv abbiamo visto immagini del vento che batte su questi enormi grattacieli semi aperti, e quando Sandy scatenerà tutta la sua forza tra meno di quattro ore, cosa succederà sopra queste torri ancora tutte aperte?

E infatti, ecco che mentre sto scrivendo queste righe, nel teleschermo della Tv spunta una gru che sta crollando da un grattacielo di Midtown Manhattan, alla 57 street e Settima Avenue, sta proprio crollando e potrebbe finire in strada…

La velocità del vento di Sandy era stata annunciata al massimo di 70 miglia, invece due ore fa hanno aggiustato la previsione: potrebbe salire fino a 80 anche 90 miglia. Cioè, si vedranno gli alberi volare se le raffiche raggiungeranno i 140-150 chilometri orari?

Ma non sarà il vento o la pioggia il maggior pericolo per New York stasera e stanotte, ma il mare, le onde dell’oceano portate da Sandy che proprio stasera coincidono con l’alta marea. Gli argini, intorno a Manhattan, Brooklyn, Bronx, Staten Island e persino Queens, che costeggia l’Est River, cederanno. L’acqua allagherà tutta la zone A, che da ieri dovrebbe essere già svuotata dai suoi abitanti (oltre 350 mila persone), ma che invece, ripetono le notizie, in molti hanno rifiutato di lasciare le loro abitazioni perché un anno fa, nel settembre 2011, quando furono costretti a lasciare le loro case a appartamenti per l’arrivo dell’uragano Irene, ma che poi non si allagarono e quindi, come nella favola di “al lupo al lupo”, ora questi cittadini pensano di non “cascarci più” e credono che possano rimanersene tranquilli in attesa di Sandy…

Invece no, Sandy non assomiglia per nulla ad Irene, un uragano che doveva devastare New York ma che poi virò e fece i maggiori danni solo all’interno, in New Jersey e upstate New York. Sandy invece non ha cambiato il suo percorso e soprattutto nel suo passaggio sarà “lento”, martellerà la costa dell’est degli Stati Uniti per ore e il mare che si alza farà i danni peggiori, che potrebbero essere devastanti, come non era mai capitato negli ultimi quattrocento anni, da quando l’uomo venuto dal Vecchio continente decise di costruire delle città dove gli indigeni osavano solo piantare delle tende.

 

 

Stefano Vaccara

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