«È il bambino che ha diritto a vivere in una famiglia e non la coppia che ha diritto ad avere un figlio». C’è voluta una lunga battaglia culturale per cambiare la prospettiva nel campo delle adozioni e riconoscere al minore lo status di soggetto giuridico, come ricorda Marina Virgillito, presidente di Asa onlus. L’Associazione solidarietà adozioni con sede a Catania, che è uno dei 62 enti italiani autorizzati dalla Presidenza del consiglio dei ministri per l’adozione internazionale e tramite la quale, nel solo anno 2017, sono stati adottati 50 bambini, 49 dei quali provenienti dall’Ungheria.
Negli ultimi tre anni, nel Catanese, si è registrato un calo che supera il 30 per cento sia delle dichiarazioni di disponibilità delle famiglie sia del numero di ingressi dei bambini. «E questo è un bene – commenta Virgillito – perché significa che ogni Paese riesce a tutelare i propri minori. Il primo compito degli enti autorizzati, infatti, non è quello di far adottare i bambini ma di attenersi al principio di sussidiarietà». È la convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza a sancire il principio secondo cui l’adozione internazionale deve essere l’ultima strada da percorrere per realizzare l’interesse di un bambino, quando non può esserci possibilità di garantirgli un futuro all’interno della propria famiglia o del proprio territorio di origine. «Odori differenti, sapori sconosciuti, stili di vita lontani, culture nuove, in pratica un mondo completamente diverso ma – precisa la presidente – se è necessario a realizzare il diritto del bambino, allora lo si porta anche dall’altra parte del mondo».
Da una prima stima delle statistiche relative alle adozioni internazionali del dipartimento di giustizia minorile e di comunità del ministero della Giustizia, che hanno come fonte i dati Istat aggiornati fino al 18 ottobre 2017, dagli anni 2001 al 2016 a Catania sono stati adottati 587 minori stranieri. In particolare: sono stati 67 nel 2001, 62 nel 2002, 61 nel 2003, poi sono scesi a 40 nel 2004 per dimezzarsi (20) nel 2005 e aumentare di poco (22) nell’anno successivo. Nel 2007 sono arrivati 25 minori stranieri e solo uno in più nel 2008. In netta crescita le adozioni dell’anno dopo con 42 bambini che hanno trovato famiglia. Nel 2010 sono scesi a 30, poi risaliti di nuovo a 46 nel 2011. Negli ultimi anni, come già accennato, si è registrato un calo significativo: solo 20 le adozioni nel 2012, 29 nel 2013 e 23 nell’anno successivo. Il minimo è stato toccato con solo 10 adozioni nel 2015, poi risalite di poco a 14 nel 2016.
A differenza delle adozioni nazionali, che sono di esclusiva competenza dei tribunati per i minori e i cui costi tra quelli a carico del sistema sanitario nazionale, per quelle internazionali l’iter è diverso. La coppia dichiara la propria disponibilità al tribunale per i minori competente per territorio che, in Sicilia orientale, è quello di Catania anche per Siracusa e Ragusa. Poi segue il percorso con i servizi sociali, che relazionano al tribunale sulla situazione psicosociale e sulle possibilità di mantenimento del minore e fa degli incontri con i giudici onorari – che non sono giudici togati ma esperti della materia, psicologi, assistenti sociali, pedagogisti, pediatri. Alla fine, in camera di consiglio viene decretata l’idoneità della coppia ad adottare all’estero. «Che non vuol dire essere bravi, belli e avere i soldi, non è questo il punto. Essere idonei vuol dire che il tribunale deve stabilire che tipo di risorsa è la coppia per un bambino che viene da un altro Paese perché ha bisogno dei due adulti come genitori. È come se – spiega Virgillito – avessimo tutte le tessere del puzzle che, una volta composte bene insieme, fanno vedere il volto del bambino e, a quel punto spetta all’istituzione trovargli e garantirgli la migliore famiglia possibile».
A tal proposito, si discute oramai da tempo sulla possibilità che anche i single o le coppie omosessuali dichiarino la propria disponibilità e siano poi valutati idonei ad adottare un minore. «In realtà, l’Italia è già abbastanza avanti anche su questo fronte. È, infatti, giuridicamente scorretto affermare che celibi, nubili e omosessuali non possano adottare. Nei casi speciali dell’ex articolo 44 della legge 184 del 1983 sul diritto del minore ad avere una famiglia – spiega la presidente di Asa onlus – tutto ciò è previsto. Infatti nei casi in cui, a fronte di un rapporto consolidato e tutelante, il non poterlo adottare sarebbe dannoso e non concretizza il diritto del bambino a crescere in una famiglia».
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