Venticinquemila. O, se si preferisce, quasi uno su due. Sono i numeri che descrivono l’attuale copertura vaccinale in provincia di Catania dopo i mesi di lockdown e il pensiero rivolto alla pandemia da Covid-19. Il dato, in possesso dell’Asp, riguarda gli accessi negli ambulatori adibiti alla somministrazione dei vaccini: da quello esavalante al papilloma virus, il crollo rispetto a quanto registrato nella prima metà del 2019 è generale.
All’origine di tutto c’è inevitabilmente il nuovo coronavirus e gli effetti che ha prodotto. Sia direttamente sull’organizzazione sanitaria che indirettamente sulle percezioni degli utenti in merito alla sicurezza – in termini di rischio contagi – di ospedali e ambulatori. Per quanto sia difficile stimare nel dettaglio l’incidenza dei due fattori, la sensazione, e in tal senso qualche ammissione a microfoni spenti arriva anche dall’interno dell’Azienda sanitaria provinciale etnea, è che a pesare sia stata soprattutto la sospensione e la lenta ripartenza delle attività. In più di un’occasione, infatti, gli ambulatori sono stati chiusi per la necessità di destinare il personale ad altri compiti correlati al contenimento e monitoraggio dell’epidemia di Covid.
Il tema riporta l’attenzione sull’offerta presente sul territorio. Innanzitutto a livello quantitativo: sono poco meno di cinquanta gli ambulatori in provincia dove si effettuano le vaccinazioni. Meno di uno a Comune. Se ci si concentra, poi, sul capoluogo, il cui distretto comprende anche i comuni di Misterbianco e Motta Sant’Anastasia, il numero è di appena cinque per una popolazione di circa 375mila abitanti. Non il massimo se si considera che la città di Rimini, per esempio, ha lo stesso numero ma con la metà della popolazione.
La riduzione della copertura vaccinale potrebbe creare problemi in vista della riapertura – le cui modalità ancora non sono ancora chiare – delle scuole. Sul fenomeno la Società italiana di pediatria (Sip) ha dedicato una ricerca su un campione di 1500 persone in tutto il Paese. Dal sondaggio è emerso che a livello nazionale uno su tre ha dichiarato di avere rimandato le vaccinazioni dei propri figli, comprese quelle obbligatorie. Il dato, però, aumenta al Sud. Tra le motivazioni all’origine della decisione di disertare l’incontro con i medici il 42 per cento ha detto che è stato il centro vaccinale a posticipare l’appuntamento, mentre il 13 ha dichiarato di avere trovato le porte chiuse. Il 44 percento, invece, ha parlato di una scelta scaturita da ragioni di sicurezza.
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