«Dove c’era una raffineria tradizionale abbiamo visto una bioraffineria», recita l’ultimo spot dell’Eni. A Gela finora di bioraffinerie neanche l’ombra. In compenso potrebbe sorgere l’UniEni. Fa discutere la proposta dei sindacati confederali nisseni di far entrare un privato come il cane a sei zampe all’interno del Consorzio Universitario di Caltanissetta, in difficoltà economiche e alle soglie di un nuovo riassetto e di un nuovo statuto.
In una nota diffusa lunedì, i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil Ignazio Giudice, Emanuele Gallo e Enzo Mudaro scrivevano che per l’ateneo nisseno Eni «può rappresentare un partner sia in termini di risorse che di strutture». Apriti cielo. Polemiche a non finire a Gela, che su Eni e sull’addio a Caltanissetta attende ancora che si sblocchino i passaggi necessari. Se la riconversione della Raffineria è al momento un miraggio, è altrettanto vero che teoricamente la città del golfo si è sganciata dalla provincia nissena per aderire al libero consorzio di Catania. E soprattutto è forte il timore che a Gela rimangano l’inquinamento e la carenza di lavoro, mentre a Caltanissetta arrivino i finanziamenti.
Tante le voci contrarie all’idea dei sindacati, che pure si sono difesi appellandosi al protocollo d’intesa del 6 novembre 2014. In effetti al punto 4.1 del documento si legge che Eni si impegna ad «avviare ulteriori collaborazioni con le università siciliane per attivare master e stage su tematiche inerenti la green economy da realizzare nel territorio gelese». Ma la green economy a Gela rischia di essere un’ipotesi di studio e nulla più, visti i ritardi nel cronoprogramma. Il Comitato per lo sviluppo dell’area gelese in un comunicato si chiede inoltre perché bisognerebbe «sposare una causa che non è di nessuno aiuto alla città, né alla crisi occupazionale generata dalla chiusura dello stabilimento petrolchimico».
Prova a far chiarezza Ignazio Giudice, uno degli autori della proposta che, da gelese e da sindacalista, è stato doppiamente bersagliato dalle critiche. Innanzitutto spiegando che i corsi universitari sarebbero da realizzare in loco, così come le borse di studio che si rivolgerebbero agli studenti di Gela meritevoli. Ma con quattro università siciliane e ben due praticamente a ridosso l’una dell’altra (Enna e Caltanissetta), l’unica possibilità, visti anche i tempi che corrono al governo nazionale, sarebbe quella di realizzare qualche distaccamento ad hoc. Un tentativo che negli anni passati c’era già stato con l’Università di Catania e che è defunto senza mai essere davvero decollato.
Così come desta perplessità il criterio della provenienza geografica per le borse di studio. Senza considerare il dato più importante, ovvero che proprio il cane a sei zampe debba incaricarsi, e sollecitato dal sindacato, di svolgere «percorsi di laurea specifici a temi ambientali». Altrove la chiamerebbero un’operazione da green washing. «Chi fa è criticabile, chi non fa sta uccidendo la città – aggiungono i sindacati con una nota piccata dopo 24 ore di polemiche -. Queste forme di investimento non tolgono soldi alle bonifiche che ovviamente restano la priorità per il sindacato dei lavoratori ed i cittadini».
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