È arte in movimento, linfa che scorre, crea e narra. È una esplosione di energia che invade uno spazio che non ha confini. Luci, dettagli e racconti che prendono vita. Tutto questo, e molto altro, è racchiuso nelle emozioni che, a Belpasso, i Carri di Santa Lucia suscitano alla gente che, con stupore e meraviglia, si abbandona alla bellezza.
Quindici metri di incanto, dai quali si respira tutta la passione di chi lavora per rendere unico ogni Carro. La manifestazione dei Carri, ormai da diversi anni è caratterizzata da due rappresentazioni annuali: anteprima a dicembre e replica in agosto dell’anno successivo. L’edizione invernale è preceduta da una fase di preparazione e allestimento che va da settembre ai primi di dicembre, tutti i Carri vengono presentati in piazza nelle serate della vigilia della festa di Santa Lucia l’11 e il 12 dicembre.
La Fondazione dei Carri di S. Lucia realizza, dal 2010, ogni anno a Belpasso le sontuose macchine scenografiche, i Carri, in occasione delle annuali celebrazioni della Patrona belpassese. I Carri si rifanno alle macchine sceniche che – inventate da Leonardo e allestite tra il Seicento il Settecento: venivano messe in scena vicende di forte risonanza sociale e religiosa per rendere il più possibile partecipe un vasto pubblico attraverso fantasiose allegorie.
«La manifestazione, nel corso degli ultimi anni, ha assunto un valore rilevante in termini di interesse e partecipazione, non solo tra gli addetti ai lavori – dichiara il presidente Antonino Girgenti – Il valore della tradizione risiede anche nella continua ricerca di innovazioni: dalle cantate si arriva ai carri grazie alla creatività e alla curiosità rivolta ai progressi compiuti dalla scenotecnica. Ricerca che ritroviamo nei contenuti, attualizzare i temi significa affascinare rendendo ancora più appetibile le rappresentazioni. La presenza della Fondazione nel territorio si manifesta grazie alle sue numerose attività svolte nel corso di tutto l’anno, è stata così ridefinita la sua vera funzione sociale: i giovani guardano al mastro con la stessa identica ammirazione del pubblico che osserva affascinato le creazioni dei carristi. È un continuo coinvolgimento emotivo che ogni anno si rinnova e ci permette di raccontare storie e lanciare messaggi attraverso forme artistiche uniche e spettacolari».
Una usanza che ha origine nella seconda metà dell’Ottocento, quando il ceto dominante dei mastri riuscì ad organizzare una manifestazione che nel tempo ha assunto sempre maggiore rilevanza grazie agli aspetti religiosi, storico-culturali ed artistici, propri della comunità belpassese. Espressione delle maestranze artigiane dei quartieri S. Antonio, Matrice, Purgatorio, S. Rocco e Borrello, i Carri vengono allestiti con orgoglioso impegno, sacrificio e spirito di grande devozione verso la Santa Patrona. Il segreto del meccanismo del Carro (i congegni, le successioni sceniche d’apertura chiamate spaccate, gli effetti particolari di luci e suoni), lo conosce solo il Mastro ideatore e i suoi più intimi collaboratori.
«Quella dei Carri è una tradizione viva, un insieme di esperienze, conoscenze e di saperi che si tramanda continuamente, interagisce, parla e si muove nella società – continua Girgenti – Se fino alla prima metà dell’800 la vigilia della festa di S. Lucia a Belpasso era caratterizzata dalle antiche cantate, oggi i veri protagonisti sono i Carri. La continua ricerca di una comunicazione espressiva nello spazio ha prodotto e creato un’opera teatrale che parla alla gente, la ammalia con le sue allegorie e la rende partecipe emotivamente inducendola alla riflessione. Il carro crea e ridefinisce lo spazio, utilizzando un messaggio metaforico stabilisce un profondo contatto con il pubblico, dove diventa strumento di confronto, relazione ed espressione. È una forma di comunicazione multisensoriale che ha un notevole impatto sociale. Il racconto ha inizio con il tipico rumore meccanico degli ingranaggi, sapientemente celati dietro apparati scenografici e vere e proprie composizioni artistiche. Le musiche di sottofondo, gli effetti scenici e le voci fuori campo completano questa singolare magia evocativa. Ed è così che avviene il trapasso, i sacrifici e le emozioni incamerate dai carristi negli ultimi tre mesi, vengono trasferite e condivise con la piazza. Il tutto viene amplificato per via dell’aspetto devozionale, il vero cuore della tradizione, è proprio il legame viscerale alla martire siracusana a dare il senso e la motivazione necessaria a trascurare gli affetti e i propri interessi personali».
La Fondazione ha realizzato, inoltre, il Museo multimediale dei Carri di S.Lucia e la Strada dell’arte quali strumenti di istruzione e divulgazione della manifestazione nonché di qualificazione dell’offerta turistica. Durante tutto l’anno nel Museo multimediale “Mechanè” ( www.museomechane.it ) è possibile assistere in maniera virtuale alla manifestazione, attraverso la visione dei filmati che di anno in anno si realizzano e che vengono proiettati, e ove è possibile anche assistere attraverso appositi schermi touch-screen, all’excursus di tutta la manifestazione dal punto di vista della storia, dell’arte, della fede, delle tradizioni popolari. La realizzazione del Museo multimediale (con schermi interattivi, touch-screen, ecc), ha suscitato l’interesse dei giovani che a gruppi ed anche singolarmente sono stati attratti da questi moderni mezzi di comunicazione. Un ruolo rilevante, in questo senso, hanno svolto le scuole presenti nel territorio e nell’hinterland etneo che durante tutto l’anno effettuano nel Museo le cosiddette visite d’istruzione.
I Carri di Santa Lucia custodiscono storie tramandate da padre in figlio, continuano a raccontare di chi non c’è più. Sono scrigni di un passato che insegna ai più giovani un’arte da impreziosire con la passione che contraddistingue ogni carrista.
«Avevo cinque anni quando mio padre decise di costruire insieme a me un piccolo carro. Un giocattolo di plastica che mi cambiò la vita», Antonello Signorello, carrista, è commosso nel ripercorrere questi lunghi anni che lo hanno visto parte attiva di una tradizione che lui stesso definisce in evoluzione. «La mia partecipazione al mondo dei Carri di S. Lucia lo devo a mio padre, era un insegnante, non un artigiano, eppure grazie a lui quel sano verme non mi ha più abbandonato. Era un uomo orgoglioso del mio lavoro e le sue critiche erano sempre un incoraggiamento per puntare in alto. Per un belpassese, i Carri, sono sempre stati il centro di tutto: l’espressione giovanile e sana della comunità. La tradizione è in divenire e si rinnova: non ci sono più le maestranze di quarant’anni fa, è vero, ma i giovani sono preparati e utilizzando nuove tecnologie continuano ad alimentarla. È una tradizione che vivo in prima persona, e se dovessi pensare a cosa mi ha trasmesso in tutti questi anni trovo solo una parola, la vita».
Il carro è una forma d’arte in continuo movimento, «scorre come fluido vitale nelle vene dei nostri artigiani – conclude Antonino Girgenti – si trasmette al pubblico attraverso visioni, suoni ed emozioni per trasformare e rendere finalmente visibile, tutto ciò che superficialmente risulta invisibile alle coscienze».
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