I primi a riempire Roma sin dalle prime ore del 6 maggio sono stati i rappresentanti delle forze dell’ordine: uno spiegamento di forze notevole per uno sciopero atteso a lungo, indetto a febbraio e rimandato nel tempo, con tanti se e tanti ma.
La limitazione a quattro ore di blocco lavorativo e le modalità di organizzazione da parte della CGIL, il sindacato organizzatore della mobilitazione, sono state nelle ultime settimane al centro di un dibattito serrato, che si è ulteriormente acceso a seguito dell’intervista rilasciata giovedì 5 maggio dal suo segretario generale, Susanna Camusso, al Corriere della Sera: in molti infatti sono rimasti perplessi e confusi sulla sua disponibilità a un accordo con il Governo in merito al testo unico sull’apprendistato. A preoccuparsi sono stati soprattutto studenti e precari, intimoriti dalla possibilità che questa riforma possa moltiplicare le condizioni del loro precariato, cambiandone forse l’aspetto formale, ma non il contenuto. Per queste e altre ragioni, una parte degli studenti e dei precari di Roma, organizzati tra gli altri da Uniti per lo sciopero, Esc, Action e Anomalia Sapienza hanno deciso di manifestare a modo loro, contro il Governo e contro la Confindustria, separatamente rispetto al corteo ufficiale della CGIL.
Un picchetto a Porta Pia alle 10.30 ha aperto la giornata. “Sciopero selvaggio” lo slogan dominante: per indicare la necessità di forme di lotta più radicali e più incisive. Tanti i giovani che hanno indossato mascherine, sciarpette, nastri tra i capelli con tessuti zebrati e leopardati. Emblemi, appunto, del carattere “selvaggio” e disobbediente dell’iniziativa, connotata comunque da pratiche non violente e da contenuti fortemente propositivi. Tanti i cartelli e gli striscioni. Obiettivo: il blocco di alcune attività economiche della città, nonché il coinvolgimento dei cittadini. Sono stati individuati obiettivi di lotta nei simboli dei poteri economici dominanti: tra questi il palazzo de La Rinascente e le banche di Piazza Fiume, considerate espressione materiale di scelte politiche ed economiche che riducono il lavoro a sfruttamento servile, deprivato di diritti e tutele.
Qui è stato disegnato per terra con bombolette spray il percorso di un monopoli, cui si è giocato con pedine viventi e un grande dado di cartone. Una rappresentazione visiva e simbolica della precarietà “strutturale” di vita e lavoro in Italia e in Europa. Due passi per arrivare a piazzale degli affitti, uno per largo Lampedusa, sei per giungere alla casella imprevisti e girare una carta: “Raccogli pomodori per gli italiani da una vita, vai al CIE e salti due giri” oppure “Dopo venti colloqui di lavoro nessuna risposta, vai all’occupazione!”. Attimi di ilarità generale quando tre dei quattro giocatori di questo monopoli della precarietà si sono ritrovati contemporaneamente in “via Alemanno subito”. Un bel gioco, condito da slogan e canti, che ha allegramente e pacificamente bloccato il traffico per almeno un’ora. Il corteo ha poi mosso i suoi passi in direzione della stazione Termini, cambiando più volte tragitto, tra corse e camminate di ripresa, per evitare i numerosi blocchi della polizia. Per impedire l’accesso ai manifestanti all’ingresso della stazione di via Marsala è stato avviato il motore del cancello di chiusura, poi subito fermato per motivi di sicurezza, con il risultato di provocare disagi e confusione alla mobilità dei tanti turisti e viaggiatori in transito con valigie e carrelli. Altro momento significativo della protesta è stata l’occupazione dei binari riservati ai treni ad alta velocità, con canti e balli, oltre che slogan contro Trenitalia dei manifestanti contrariati con le ferrovie italiane per aver bloccato a Ventimiglia i migranti che volevano raggiungere la Francia. Il treno Frecciarossa per Venezia delle 12:45 è rimasto bloccato in stazione fino alle 13:30, ora in cui il corteo è ripartito verso La Sapienza, dove poi si è sciolto.
E’ stata una giornata di battaglia forte e allegra, a cui gli studenti e i precari sono arrivati dopo mesi di confronto e manifestazioni, non ultimo il picchetto organizzato il 1 maggio in via del Corso per bloccare i tanti negozi che hanno costretto i dipendenti a lavorare anche nel giorno della festa dei lavoratori. Mesi di lavoro nel corso dei quali si è tentata un’ unificazione con tutte le altre battaglie, a sostegno dei diversi fronti di lotta, dagli operai della Fiat ai migranti in fuga dalle guerre e dalla fame. E comunque in sintonia, seppur con la rivendicazione di una diversità e specificità, con il corteo ufficiale della CGIL, largamente partecipato e riuscito.
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