«Pensavo fosse morto, invece quando l’ho toccato ho visto che respirava e l’ho preso, anche se non sapevo cosa fare e a chi rivolgermi». È ancora scosso Alessandro Tringale dell’associazione Teg4friends per la morte del riccio che il volontario ha trovato due giorni fa alla zona industriale di Catania, dove insieme ai colleghi si prende cura di alcuni cani randagi che vivono in quell’area. Scosso non soltanto per la morte del piccolo animale, ma soprattutto perché tra mille telefonate non è riuscito a trovare qualcuno che potesse prestare soccorso. «Tutti i centri di recupero fauna selvatica siciliani, compreso quello di Valcorrente, hanno chiuso per mancanza di fondi – lamenta Tringale a MeridioNews – In tutta l’Isola è rimasto solo quello di Ficuzza, in provincia di Palermo, dove sono stato quest’estate da visitatore, scoprendo che recuperano quotidianamente animali da tutta la Sicilia, facendo quello che possono e vivendo esclusivamente di donazioni».
«Quando trovi un animale selvatico non puoi fare nulla – continua – e la cosa più grave è la mentalità che c’è in giro, come dimostra la risposta che mi ha dato un dipendente dell’ispettorato dipartimentale delle foreste a cui ho telefonato a fine luglio quando una mia amica ha trovato, sempre alla zona industriale, un gabbiano ferito e mi ha chiamato per avere sostegno e qualche consiglio». Alessandro racconta di avere chiamato agli uffici alle 14.15 di un venerdì pomeriggio, ma il suo interlocutore lo ha avvisato che erano andati tutti via alle 14 e che non avrebbero riaperto prima di lunedì. «Di fronte alla mia perplessità su cosa fare, all’epoca, con il gabbiano mi ha risposto semplicemente dandomi un suo consiglio personale: fare finta di non aver visto l’animale in difficoltà e continuare la mia giornata. Sono rimasto veramente scioccato di fronte a tanta superficialità».
La stessa da molti dimostrata anche di fronte al riccio sofferente a causa – si è poi scoperto – di un buco in testa, probabilmente dovuto al morso di un cane. «L’ho portato da un veterinario privato che però non è abituato ad avere a che fare con questo genere di animali – chiarisce il ragazzo – allora ho chiamato il centro di recupero La ninna di Cuneo, specializzato in ricci. Mi ha chiesto di portarlo da un veterinario dicendo che avrebbe pensato lui a dare delle dritte al collega, ma l’animale essendo spaventato e sofferente è rimasto appallottolato per tutto il pomeriggio, senza dare la possibilità al medico di visitarlo». Solo quando Alessandro è arrivato a casa il riccio si è aperto, mostrando al volontario la ferita in testa. Così si è rivolto a uno dei veterinari che lavoravano al centro di Valcorrente e che si occupa di animali selvatici, ma il tempo non è stato sufficiente e l’animaletto non ce l’ha fatta a resistere.
«Il punto è che in Sicilia hanno tagliato del tutto i fondi per i centri di recupero della fauna selvatica e quindi se trovi una volpe, un volatile o un riccio ferito non c’è soccorso. È assolutamente necessario che la Regione riattivi i fondi per questi centri, come fanno le regioni del Nord Italia, o la fauna selvatica tra la caccia e la mancanza di soccorsi finisce per andare perduta», sottolinea Tringale, che svela anche il suo sogno di aprire un centro per conto proprio. «Purtroppo non è così facile, è una struttura dove occorrono veterinari 24 ore su 24, cibo e medicine, e non si può alimentare solo di volontariato».
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