«Aspettiamo di vedere cosa dirà la magistratura». Tanta cautela e piedi di piombo da parte di chi sul territorio non semplice dello Zen di Palermo ci lavora ogni giorno. Non c’è voglia di sbilanciarsi su quanto successo, con l’arresto per corruzione e peculato di Daniela Lo Verde, preside della scuola Giovanni Falcone, da anni considerata presidio di legalità sul campo. Una cautela che, però, non può celare i dubbi e le perplessità relativi a un comportamento che, negli anni, non sarebbe stato poi molto inclusivo nei confronti degli altri soggetti che si sono spesi per ridurre il gap di una periferia ancora troppo lontana dal resto della città.
Tante le spigolosità sorte tra la preside cavaliere al merito della Repubblica e le altre realtà del territori, culminate con la chiusura di diversi rapporti e l’esclusione delle associazioni dalla scuola. Rapporti che si sarebbero ulteriormente incrinati in tempo di pandemia. Quando, stando a quanto raccontano proprio dal mondo dell’associazionismo locale, pare che la scuola abbia assunto una posizione poco collaborativa all’interno di una rete tra istituti e associazioni messa in piedi proprio per assicurare una gestione lineare dei dispositivi elettronici (soprattutto tablet) arrivati grazie a fondi e donazioni e destinata ai ragazzi dello Zen per consentirgli di partecipare alle lezioni a distanza.
E a proposito di donazioni. La scuola Giovanni Falcone era stata protagonista anche di più servizi da parte del Le Iene, il programma televisivo di Mediaset che va in onda su Italia Uno. In uno in particolare, sempre durante la pandemia, all’istituto dello Zen2 erano stati donati centinaia tra tablet, telefoni e computer provenienti da tutta Italia grazie al lavoro di Ismaele La Vardera, al tempo inviato della trasmissione, che ha bussato alla porta della preside Lo Verde con un autoarticolato stracolmo di materiale elettronico per il valore di oltre 40mila euro. «Sono senza parole – dice a MeridioNews La Vardera, ora deputato regionale di Sud chiama Nord – Non ci posso credere. Sono disorientato. Continuo a essere sempre per la presunzione di innocenza e spero che si tratti di un abbaglio, ma è stato un pugno allo stomaco. E penso anche al disorientamento dei ragazzi – aggiunge – perché in un quartiere così fragile, che cada un baluardo di questo tipo è un danno gravissimo».
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