Zafferana, in Consiglio si rompe il partito unico  Sfiduciato il presidente Sapuppo, ricorso al Tar

C’è una crisi politica – che in pochi avrebbero pronosticato solo qualche tempo fa – a fare da sfondo all’affollata estate di Zafferana Etnea. Lo strappo ha sorpreso molti perché nato in seno a una maggioranza venuta fuori da elezioni con un solo candidato sindaco. A consegnare, per la seconda volta, le chiavi del municipio ad Alfio Russo erano state infatti delle comunali con un solo concorrente, cioè lo stesso attuale primo cittadino, dopo che i rivali allora più accreditati non riuscirono a presentare le proprie liste. Da elezioni con un candidato unico venne fuori anche un consiglio comunale monocolore, alla cui presidenza si insediò Salvatore Sapuppo. Sfiduciato alla fine dello scorso luglio da nove dei 13 componenti del gruppo a sostegno di Russo. Una rottura che adesso si sta anche spostando dal piano politico alle carte bollate. Il presidente detronizzato – rappresentato dal neo assessore del Comune di Catania, l’avvocato Michele Giorgianni – si è rivolto al Tar per cancellare l’esito della votazione e poter ritornare sulla poltrona adesso occupata da Ignazio Coco, votato come presidente del Consiglio sempre dai nove consiglieri che hanno dato sostanza all’operazione sfiducia voluta dal sindaco. 

I nuovi equilibri sembrano così tendere verso la nascita di un’opposizione consiliare, con diretta proiezione sugli scenari in chiave amministrative del 2019, anche a Zafferana. Perché, fra l’altro, il sisma politico delle ultime settimane alle pendici dell’Etna ha fatto un’altra vittima illustre. L’assessora alla Cultura Angela Di Bella, vicina al deputato regionale Nicola D’Agostino, è stata l’unico dei nomi a non essere riconfermato in giunta dopo l’azzeramento decretato da Russo negli stessi giorni della sfiducia a Sapuppo. Il vicesindaco Giovanni Di Prima, Salvatore Russo e Vincenzo Tropea sono tornati assessori, mentre Di Bella è rimasta fuori dopo che peraltro, da consigliera, si è accodata ad Alfio Nicotra e Pippo Privitera nel non votare la sfiducia a Sapuppo. Gli ultimi tre hanno poi derubricato il mancato ritorno in giunta della loro collega a «misura punitiva – che avrebbe decretato il sindaco – per avere scelto in assoluta libertà di non votare l’ingiusta revoca». Intanto i quattro ribelli saranno molto probabilmente il nucleo che darà vita alla minoranza che finora non c’era. 

Ma cos’è che ha rotto l’armonia di un gruppo senza rivali? Nessuna delle forze in campo lo ha mai confermato apertamente, ma a fare perdere la pazienza al sindaco Russo parrebbe essere stata la volontà di non volere lasciare la presidenza, dopo due anni e mezzo di mandato, da parte di Sapuppo. Quanto cioè era stato stabilito in sede di accordi pre-elettorali per fare spazio, nell’ambito delle poltrone da occupare, anche a Ignazio Coco. Il tutto è stato riassunto nella formula «È venuto meno il rapporto fiduciario», scelta da sindaco e maggioranza ristretta per motivare il voto anti-Sapuppo. Dall’altra parte, l’ormai ex presidente ha scelto la via dello scontro a tutto campo, denunciando «pressioni» che avrebbe subito per arrivare alle dimissioni e anche, appunto, rivolgendosi alla giustizia amministrativa. 

La questione della sfiducia a un presidente di Consiglio resta infatti giuridicamente controversa e il principio che pare finora più fondato è quello che prevede adeguate motivazioni per la revoca di una carica con funzioni di garanzia istituzionale. Motivazioni che, dunque, non possono centrarsi esclusivamente sul’ambito del disaccordo politico. Poggia su questo il ricorso presentato da Sapuppo, sperando che come già avvenuto nel vicino Comune di Randazzo, il Tar decreti l’illegittimità della delibera che ha cancellato la sua elezione a presidente. I nove consiglieri e il sindaco Russo, intanto, si sono affidati per difendersi all’avvocato Agatino Lanzafame, consigliere comunale di Catania.

Francesco Vasta

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