Lo scorso 10 gennaio il giudice del tribunale di Messina Salvatore Mastroeni ha condannato a 12 anni di reclusione Alessio Mantineo, l’ex di Ylenia Grazia Bonavera accusato di tentato omicidio aggravato dalla premeditazione e dai motivi abietti e futili. Adesso, nelle motivazioni della sentenza, si possono leggere i perché di quella condanna. L’8 gennaio 2017 Mantineo, dopo l’ennesimo tentativo di tornare insieme a Ylenia, – con la quale avevano avuto una lunga relazione, convivendo anche per un periodo di tempo – comprò un litro di benzina e, tornato nell’appartamento di Ylenia, al complesso Case gialle di Bordonaro, le gettò il liquido infiammabile di sopra dandole poi fuoco. Procurandole ustioni sul 13 per cento del corpo con la ragazza che per lungo tempo rimase ricoverata al Policlinico.
Nella sentenza il giudice spiega che «la condotta posta in essere dal Mantineo appare connotata da tratti di idoneità ed univocità rispetto all’evento lesivo perseguito». Nessun dubbio per il magistrato che «l’intendimento fosse quello di uccidere». Mastroeni si spinge oltre. «Cospargerla di benzina e darle fuoco non può infatti che essere letto come univocamente diretto in tale direzione». Nella sentenza si cerca anche di capire perché Ylenia Bonavera abbia tentato fino alla fine di scagionare il suo ex, ma scrive che «qualunque sia la ragione non si può sottacere che un tale comportamento, a fronte del brutale atto patito, connota la vicenda in esame (ove possibile) di tratti di ancor più inquietante allarme».
Per il magistrato Ylenia ha bisogno di assistenza, un soggetto che il magistrato descrive come «fragile e che avrebbe bisogno di un recupero, non di perdersi a fronte del luccichio delle telecamere». Mastroeni conclude con una riflessione: «A fronte di donne uccise, come in una carneficina, e di donne che lottano per una reale emancipazione, si trovano casi in cui violenza e sadismo vengono apprezzati, per cui essere data a fuoco può essere una prova d’amore moderna».
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