Web radio antimafia, «segnali di nuova primavera» Guardasigilli battezza iniziativa in nome di Impastato

«Qui i ragazzi si confrontano con la potenza che ha la storia nell’attualità, con le parole e l’esempio di Peppino Impastato e con una stagione del nostro Paese che, grazie anche alla nascita delle radio, ha visto nascere il pluralismo, speriamo che segnali come questo indichino una nuova primavera». Così il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha salutato l’iniziativa a Palermo, in via Carducci, del Circolo Musica e cultura e di Radio 100 passi ragazzi. 

Una web radio gestita dagli studenti del liceo scientifico Galileo Galilei di Palermo e Rete 100 passi in un bene confiscato e che prevede anche, al secondo piano, un osservatorio contro il cyberbullismo e lo stalking, con il sostegno dell’ufficio scolastico regionale, del Miur e del Corecom che ha finanziato le strutture informatiche per cinquemila euro. La sede era già stata inaugurata mesi fa, oggi per la prima volta ci sono alcune delle attrezzature originali utilizzate da Peppino Impastato nell’allestimento della regia della sua storica Radio Aut. All’iniziativa, oltre al ministro sono intervenuti anche Maria Luisa Altomonte, Direttore Usr Sicilia che ha promosso il progetto, il sindaco Leoluca Orlando, Filomena Albano, garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, il senatore Stefano Vaccari in rappresentanza della commissione nazionale antimafia, Rosa Rizzo, dirigente scolastico del liceo scientifico Galilei, e Ciro Di Vuolo, presidente del Corecom Sicilia

Nel fare il suo ingresso in sede il guardasigilli Andrea Orlando e il sindaco, Leoluca Orlando, hanno simbolicamente tagliato il filo del microfono come nuovo battesimo della web radio, «ma la nostra voce non sarà mai zittita», ha detto Danilo Sulis presidente di Rete 100 passi. «Dire ai giovani di combattere la mafia e di farlo sotto l’egida di un protettore laico come Peppino Impastato – ha dichiarato il guardasigilli – ci deve rendere orgogliosi della capacità che l’Italia ha avuto di percorrere un cammino che è costato tante vite umane. Questo va sottolineato perché se siamo bravi a cavalcare il malcontento e il malessere dobbiamo essere altrettanto onesti e capire che è possibile fare qualcosa, come lo ha fatto un ragazzo negli anni 70 -80 in un piccolo comune ad alta densità mafiosa». «Peppino Impastato non si è ribellato solo alla sua famiglia ma anche a una sorta di ordine costituito; non dobbiamo dimenticare che in questo Paese, fino a non tantissimo tempo fa c’era chi negava l’esistenza della mafia: lo hanno fatto esponenti della chiesa, delle istituzioni, della magistratura. Quando si dice che in questi anni non è successo niente, si negano le battaglie seguite alla morte di Peppino Impastato», ha poi detto il ministro, rivolgendosi ai tantissimi studenti presenti fuori e dentro la sede.

Inevitabili i riferimenti alla recente scelta del ministro di candidarsi alla segreteria del Pd «contro la politica della prepotenza», ha detto il guardasigilli, e a chi gli chiedeva se si riferisse anche all’altro candidato Pd, Michele Emiliano, ha replicato così: «Un tasso di populismo purtroppo è entrato nelle vene di ciascuno di noi e quello che è pericoloso è e che è entrato anche nel dibattito del Pd. Io penso che se diventiamo troppo simili agli altri allora è meglio l’originale della copia». A margine dell’iniziativa Di Vuolo ha espresso il suo risentimento per «una giornata che doveva essere principalmente dedicata ai giovani, alla lotta alla mafia e ad altri comportamenti deviati, trasformata invece in una kermesse elettorale e partitica. Mi auguro che iniziative del genere non siano più strumentalizzate». 

Nel corso della mattina il titolare della Giustizia ha scelto di fare tappa anche a Cinisi per incontrare Giovanni Impastato a Casa Memoria e visitare il casolare dove è stato ucciso il militante di Lotta Continua e sul quale c’è un appello della famiglia per acquisirlo e farne un luogo di memoria. «So che c’è un progetto della Regione che sosterremo con tutte le forze perché sarebbe un grandissimo segnale – ha aggiunto in proposito il guardasigilli – vorrebbe dire dare alle nuove generazioni dei riferimenti tangibili, concreti e non solo iconografici, avere un posto dove capire una pagina importante della storia d’Italia oscurata peraltro da un altro evento drammatico. Tra l’altro la figura di Impastato stenta ad emergere nella memoria collettiva perché la sua morte è avvenuta lo stesso giorno del ritrovamento del corpo di Aldo Moro, e l’Italia guardava dall’altra parte, bisogna ridare peso a questa vicenda e non guardare da un’altra parte». «Bisogna rafforzare tanti strumenti nella lotta alla mafia – ha poi concluso – ma anche essere consapevoli della strada che si è fatta perché così si è anche più capaci di affrontare i prossimi passaggi, l’esistenza della mafia oggi viene universalmente riconosciuta come il male e queste acquisizioni sono fattori importanti e non un fatto scontato».

Antonella Lombardi

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