Voodoo, debiti e tacchi alti: le case di prostituzione «A Ballarò 10 euro per una notte con una donna»

I nomi sono evocativi, e a tradurli dall’inglese chi direbbe mai che non sono stati altro che un marchio di schiavitù? Un crescendo di ottimismo svanito nel nulla non appena quelli sono diventati nomi di servizio, affibbiati a giovani donne costrette a prostituirsi per pagare un debito creato ad hoc con la promessa di una vita migliore. Una di loro arriva qui nel 2015 ancora minorenne, insieme ad altri duecento disgraziati a bordo di un barcone che resiste al Mediterraneo. Nemmeno il tempo di rendersi conto di avercela fatta, che l’incubo le è subito piombato addosso. Raggiunge una matrigna e un cugino del padre, che la spogliano e la costringono a prestare giuramento con un rito voodoo. E poi ecco la sua taglia, il suo debito: 50mila euro. «Ero appena arrivata in Italia, non conoscevo il valore di quella cifra, quindi ho accettato di restituire la somma imposta». Quando scopre come dovrà saldare quel debito, si rifiuta, è contrariata. Ma la sua opinione conta poco. E qualche sera dopo il suo arrivo è già lungo la strada con dei vestiti debitamente scollati che le ha dato la sua maman.

«Mi sono prostituita per circa tre mesi e tutto quello che guadagnavo per strada lo consegnavo nelle sue mani». Soldi che finivano dritti in Nigeria, in quelle della matrigna, le dicono, mentre il suo incubo prende vita a Bergamo. Fino a che non riesce a scappare con un’altra giovanissima vittima come lei. Direzione Palermo. Cambia la città, ma il destino rimane lo stesso. La compagna di sventura infatti la porta dritta dritta verso la stessa sorte, questa volta dentro un’abitazione, non per strada. È una connection house nel cuore di Ballarò. Rimane lì per cinque mesi, per finire cacciata via per non essere scappata in presenza della polizia. Finisce dentro un’altra connection house poco distante, sempre nello stesso quartiere. «Lì sono restata solo tre giorni. Io ero incinta da un mese di un bambino…mi volevano fare abortire immischiando a mia insaputa una medicina nel vino – racconta ai magistrati, che l’hanno ascoltata pochi mesi fa -, mi sono sentita male, sono svenuta e sono stata trasportata con l’ambulanza in ospedale».

Un incubo sempre più grande, che vale appena 15 euro, quando va bene. È quella in genere la cifra che le vale un rapporto sessuale completo. Gliene restano ancora meno, però, perché almeno cinque vanno di diritto nelle tasche della maman. A presidiare le connection house di Ballarò ci sono anche i membri dei cult, dai Vikings agli Eiye, cui bisogna obbedire ossequiosamente. Sono tante le ragazze che entrano ed escono da quelle case a Ballarò. «All’inizio mi sentii disperata e confusa – racconta un’altra giovane vittima -, lui mi fece sedere, mi offrì una birra e mi fece fumare. Mi disse che non c’erano altre possibilità per me e la stessa cosa confermarono le altre due donne (dentro la connection house ndr). Non potendo ritornare indietro acconsentii a rimanere lì e cambiai il mio nome come fanno tutte. Ero preoccupata per la mia famiglia, ma anche del fatto che qualcuno potesse dire ai miei che tipo di lavoro facessi…Ma non vidi alternative».

Vicolo della Madonna, via Rosselli, via Trappetazzo, addirittura tre in via delle Case Nuove. È qui che si consumano gli incubi peggiori di queste donne, prigioniere di un ricatto senza fine. «Tutte le connection house hanno lo stesso sistema – spiega un collaboratore -. Palermo, Trapani, Caltanissetta. Una è vicina a un grande supermercato, che è vicino alla stazione. L’altra è a Ballarò, un palazzo grande che ha tre piani…sono tutte là». Arredate in maniera spoglia, un letto e un comodino, e una donna in abiti succinti in ogni camera, su uno sfondo di alcool e droghe e un tappeto di profilattici usati. Una di queste case è «lontano dalla signora che arrostisce carne. Partendo dalla strada grande scendi verso via Maqueda, c’è un piano ammezzato dove tu puoi andare e puoi passare tutta la notte con una donna per 10 euro e sotto puoi mangiare e bere». Ma anche dalla più piccola passano comunque anche venti ragazze per volta. Chi le gestisce «picchia sua moglie e anche le ragazze che si prostituiscono» e secondo il collaboratore ascoltato dai magistrati sarebbe addirittura un trafficante di uomini.

Silvia Buffa

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