Vittoria, al via processo a Lidl per merce contraffatta Dopo le denunce dell’imprenditore Maurizio Ciaculli

È iniziato oggi, al Tribunale di Ragusa, il processo a carico di Lidl e gruppo Napoleon. I fatti riguardano le intimidazioni subite dall’imprenditore agricolo Maurizio Ciaculli, da tempo sotto tutela. Ciaculli nel 2012 denunciò presunte truffe avvenute all’interno del supermercato della nota catena a Vittoria. Fatti che causarono un grande clamore mediatico e al contempo diedero il la a una serie di fatti inquietanti

«Avevo un’azienda di confezionamento di prodotti ortofrutticoli, dove lavoravano circa cento padri di famiglia». Inizia così il racconto di Maurizio Ciaculli, l’imprenditore agricolo di Vittoria vittima di intimidazioni, dopo che, circa sei anni fa, denunciò le presunte infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore della grande distribuzione agroalimentare. 

«Nel 2012 sono entrato nel supermercato Lidl di Vittoria e, per puro caso, nei banchi ho trovato delle melanzane, secondo me spagnole, avvolte in un imballaggio di cartone non conforme alla normativa e spacciate per prodotto italiano – racconta a MeridioNews –. Mi sono incuriosito, ho sollevato l’imballaggio e ho trovato un grande bollino dove si dichiarava che la melanzana era prodotta dalla mia azienda, col mio numero di global cup, lavorata e commercializzata dal gruppo Napoleon di Verona. Così ho deciso di denunciare i fatti alla guardia di finanza, che sequestrò i prodotti», continua.

Dopo la denuncia, Ciaculli racconta di aver ricevuto «segnalazioni da altre parti d’Italia sulla presenza dello stesso bollino in diversi supermercati Lidl». Il caso finì alla ribalta della stampa nazionale, ma qualcuno non apprezzò il gesto dell’imprenditore. «Si presentarono all’opificio alcuni malviventi, tra cui Michele Brandimarte e Francesco Nigito, uccisi poco tempo dopo, insieme al responsabile commerciale della Napoleon, dicendomi che dovevo ritirare la denuncia perché avevo creato il caos in tutta Italia». Centocinquantamila euro, questa la cifra che sarebbe stata proposta a Ciaculli in cambio del suo silenzio. «Ho risposto che i soldi sporchi non avrebbero mai trovato godimento a casa mia e me ne sono andato», dice.

Secondo l’uomo, nonostante il clamore, Lidl non avrebbe seguito i protocolli a tutela dei consumatori e avrebbe continuato a vendere le melanzane. Così le denunce sono andate avanti, anche con l’aiuto delle associazioni di categoria, ma poco dopo per Ciaculli arriva la stangata. «Avevo un contratto di fornitura nazionale con Eurospin Italia pari a cinque milioni di euro di fatturato. Da una settimana, non ricevevo ordini dalla grande catena commerciale. Così, preoccupato, chiamai l’ufficio contabilità della piattaforma logistica di Catania per sapere cosa fosse successo. La loro risposta – ricorda l’imprenditore – fu che non potevo più lavorare in quanto ero diventato scomodo».

Per Ciaculli inizia un calvario che in breve tempo lo porterà a chiudere l’azienda. «Un giorno, mentre andavo nelle mie terre, mi fermarono due tipi con la macchina: “T’affari i cazzi tuoi se ci tieni a ta famigghia”, mi dissero». E dalle parole ai fatti, il passo fu breve. Le intimidazioni iniziarono con le lettere anonime. «”Mortu ca camina mutu“, recitava un messaggio. Poi fu la volta di un animale putrefatto lasciato davanti casa, l’impiccagione del mio gatto in giardino, sabotaggi alla macchina, l’incendio dell’opificio nel 2015, fino ad arrivare – prosegue – all’auto bruciata, nell’agosto del 2016, con un mazzo di fiori davanti la porta e un biglietto minatorio: “Ciaculli ci stai scassanu a min***a chistu è l’ultimo avviso“».

Ciaculli è difeso dal legale Giuseppe Nicosia, l’avvocato, già sindaco di Vittoria, che è attualmente indagato per voto di scambio politico-mafioso. Gli imputati sono Bartolomeo Fiorilla e Michele Leonardi, il rappresentante di Napoleon Piergiorgio Sambugaro, e quello di Lidl, Massimo Casilini. «È un processo che potrebbe rivelarsi di estremo interesse per l’agricoltura siciliana – spiega l’avvocato – perché, se le accuse dovessero risultare fondate, potrebbe rivelarsi il paradigma delle distorsioni della filiera commerciale dell’ortofrutta, più volte lamentate dai produttori e considerate la tenaglia che crea i ribassi nei prezzi dei prodotti ortofrutticoli da parte della grande distribuzione».

Durante l’udienza di oggi, intanto, il giudice Vincenzo Saito ha rigettato tutte le richieste di costituzione di parte civile. La decisione è stata fortemente criticata da Confedercontribuenti. «L’associazione si è sempre schierata a fianco delle vittime di racket e dell’usura criminale e bancaria, scopo della confederazione è quello di sostenere le piccole imprese nella lotta alla criminalità al fine di promuove lo sviluppo economico dei piccoli contribuenti e del Paese – si legge in una nota -. Dalla frode commerciale è evidente che ci siano stati dei danni economici, anche rilevanti sia all’imprenditoria che al consumatore ed è naturale chiederne il risarcimento».

Il 17 febbraio, intanto, si svolgerà un altro procedimento parallelo, per le minacce a Ciaculli. «Alla sbarra – prosegue Nicosia – andrà Giacomo Iannello, esponente della criminalità locale, accusato di minacce, fatte anche per conto di clan della criminalità catanese, per indurre Ciaculli a ritirare le denunce così da non andare a processo». Iannello, oggi in carcere per l’omicidio Nicosia, era stato denunciato dall’imprenditore nel 2014, che aveva consegnato alle forze dell’ordine delle registrazioni vocali.

Danilo Daquino

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