Un taglio lineare del nove per cento ai vitalizi, limitato per tre anni e lasciando fuori le pensioni di reversibilità, cioè gli assegni oggi percepiti dai parenti di deputati deceduti. È su questi tre cardini che si fonda l’accordo tra Partito democratico e centrodestra sul discusso tema. Dopo il taglio di Camera e Senato, la Sicilia, insieme al Trentino, è l’unica regione a non essersi adeguata. E per questo rischia di perdere 70 milioni di trasferimenti statali.
Oggi si è riunita la commissione creata ad hoc per trovare una soluzione siciliana alla vicenda. Sul tavolo ci sono tre proposte: quella del Movimento 5 stelle che ricalca quanto già fatto a Roma, un’altra a firma della deputata Eleonora Lo Curto e una terza, su cui c’è larga condivisione a esclusione dei pentastellati, presentata da Antonello Cracolici (Pd), Nicola D’Agostino (Sicilia futura) e Stefano Pellegrino (Forza Italia).
Una norma con quattro articoli, densi di tecnicismi, che sostanzialmente porterebbero a «risparmi per il 12 per cento, mitigato del 26 per cento come prevede la norma nazionale, arrivando alla fine a un taglio lineare del 9 per cento». Non caso per caso, dunque, ma tutti (dall’ex parlamentare che percepisce poco più di mille euro a quello che sfiora i diecimila) colpiti in misura uguale. Rimangono fuori, invece, le reversibilità per gli eredi che pesano sulle casse dell’Ars per sette milioni su una spesa totale di 18.
Al momento, infatti, l’Ars paga ogni mese 761mila euro per garantire 158 vitalizi ad altrettanti ex deputati. A cui si aggiungono altri 165mila euro per 30 deputati che rientrano in un sistema misto, detto pro-rata: retributivo per gli anni svolti prima del 2012 e contributivo per gli anni successivi. Ci sono poi i 129 assegni di reversibilità, la cui spesa mensile ammonta a 588mila euro: vitalizi che, una volta morto il deputato beneficiario, sono passati non solo alle vedove, ma anche, in quattro casi, ai figli.
La proposta del Movimento 5 stelle, invece, prevede di trasformare il vitalizio in pensione calcolata interamente col sistema contributivo. Quello, cioè, che normalmente avviene per tutti i cittadini. E che dal 2012 – col nuovo regolamento introdotto – vale pure per gli ex deputati dell’Assemblea regionale siciliana che abbiano compiuto 65 anni. Ma solo per quelli che hanno svolto l’attività successivamente al 2012. Secondo i calcoli del M5s, applicando i tagli la spesa annuale si ridurrebbe da 18 a otto milioni. Per Pd e centrodestra, invece, la norma nazionale, contro cui già sono stati presentati diversi ricorsi, è anticostituzionale in alcuni aspetti e non può essere recepita così com’è.
«Siamo alla farsa – attaccano le deputate pentastellate Angela Foti e Jose Marano al termine della commissione – Il ddl proposto da Pd e Forza Italia è una truffa per i siciliani. Il taglio prospettato è ridicolo e addirittura previsto solo per tre anni. La proposta messa ora in discussione prevede un doppio adeguamento al sistema contributivo previsto per i dipendenti della pubblica amministrazione, e, tirate le somme, manterrà i tanto odiati privilegi per gli ex deputati. Non solo, si escludono interventi sulle reversibilità, cosa che francamente è inaccettabile. Il testo – concludono – non solo è notevolmente al di sotto della media dei tagli delle altre regioni italiane, ma non ci mette al riparo dai tagli dei trasferimenti statali».
Adesso ci sarà tempo fino a giovedì prossimo per presentare emendamenti in commissione. Il testo definitivo dovrebbe essere votato nella prima settimana di novembre.
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