«Siamo fiori all’ombra di possenti querce e lottiamo ogni giorno, frementi di vedere il sole». Comincia con una poesia scritta da Stefania Noce, la ventiquattrenne uccisa il 27 dicembre 2011 dal suo ex fidanzato Loris Gagliano (per il quale lunedì è attesa la sentenza di secondo grado), il video della Cgil Catania contro la violenza sulle donne. Diffuso a partire da domani, il filmato mostra le attrici, tutte collaboratrici del sindacato, coi volti coperti dai segni di mani insanguinate. Donne picchiate che riempiono le statistiche sui maltrattamenti di genere e, nei casi più gravi, sul femminicidio. E se i dati nazionali degli assassinii sono quelli che fanno più scalpore (179 donne uccise in Italia nel 2013, dieci solo in Sicilia), sono da tenere in considerazione anche i numeri delle denunce presentate alle forze dell’ordine. I dati diffusi dalla questura di Catania parlano di 1003 segnalazioni di atti persecutori, violenze domestiche e minacce nella provincia etnea nel 2013, dei quali 318 nel solo capoluogo. In città, le querele erano state 345 nel 2012 e 329 nel 2011. Nella stessa area geografica, le violenze sessuali contro donne maggiorenni lo scorso anno sono state 19 e i maltrattamenti in famiglia 52. Se si estende l’analisi alla provincia, le cifre diventano 48 per il primo reato, 148 per il secondo. «Le questure hanno lo strumento amministrativo formale dell’ammonimento che, essendo più rapido dell’iter giudiziario completo, dà alle vittime una sensazione di sicurezza e avvia il processo tramite il quale queste ultime vengono tutelate», spiega Pina Palella, della segreteria confederale Cgil. Fino al 21 novembre 2014, la questura catanese ha emesso 34 ammonimenti, dei quali 23 per atti persecutori e 11 per atti di violenza domestica.
«Lo sportello della questura etnea dedicato alla denuncia delle violenze funziona molto bene – afferma Margherita Patti, anche lei segretario confederale – Ma i numeri che riportano sono solo la punta dell’iceberg, se consideriamo che la maggior parte delle donne non dice nulla per paura di rimanere sola e senza un posto dove andare». E se i dati indicano un trend delle denunce in crescita, «questo non significa necessariamente che siano aumentate le aggressioni: può anche essere che ci sia solo più fiducia nell’intervento della giustizia», prosegue Patti. «Certo è che un grande lavoro va fatto nell’ottica della prevenzione – conclude – Bisogna lavorare sul timore delle donne di raccontare quello che succede loro e garantire maggiori tutele a quelle che hanno il coraggio di rompere il silenzio».
Tutele, cioè anche centri di accoglienza. «Il Comune di Catania ne ha in programma uno, ma dov’è? Le amministrazioni devono mostrare innanzitutto una volontà politica di far fronte al fenomeno delle violenze che subiscono le donne da parte dell’altro sesso. E questa volontà va manifestata al netto delle risorse economiche, che sappiamo che non ci sono e che è difficile trovare», arringa Nicoletta Gatto, che per la Cgil si occupa di contrattazione delle politiche sociali con gli enti locali. «Bisogna che si faccia rete, perché solo un percorso senza interruzioni può garantire un’assistenza corretta e tempestiva». Secondo Gatto «la tutela delle donne che denunciano maltrattamenti e violenze deve essere inserita nei percorsi di welfare Comune per Comune, bisogna costruire centri dove possano rifugiarsi e supportare le associazioni che sono attive, giorno dopo giorno, sul territorio». «Per noi – interviene Giacomo Rota, segretario generale – questo è un tema così importante che non escludiamo iniziative forti in proposito». Intanto, la sede etnea della Confederazione generale italiana per il lavoro promette di essere presente il 24 novembre, al tribunale di piazza Verga: «Vogliamo essere in aula per l’udienza finale del processo contro l’assassinio di Stefania Noce». Sentenza che arriverà il giorno prima della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, il 25 novembre.
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