Convegni, panchine rosse, scarpe altrettanto scarlatte. Sono i simboli della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, oggi 25 novembre. Parole e buoni sentimenti che però non evitano i 98 femminicidi avvenuti in Italia nel 2024, né prevengono le 21.842 richieste d’aiuto arrivate alle sedi territoriali dell’associazione D.i.Re. (Donne In Rete contro la violenza). Il 14 per cento in più rispetto allo scorso anno. Tra i centri della rete c’è anche il Thamaia, a Catania, che ha rilevato un aumento delle richieste di circa il 30 per cento: con 280 nuove donne seguite dal centro violenza nel 2024, contro le 220 che avevano contattato il Thamaia per la prima volta lo scorso anno. «Un aumento dovuto di certo al potenziamento delle ore di apertura del nostro centro – afferma la presidente di Thamaia Anna Agosta – ma anche a una maggiore consapevolezza delle donne. Questi dati ci dicono che, quando le donne trovano uno spazio di ascolto sicuro e non giudicante, chiedono aiuto ed escono dal silenzio».
«La violenza maschile contro le donne è ancora oggi un problema sociale di proporzioni mondiali, che costituisce un ostacolo al pieno progresso femminile – continua la presidente Agosta – Negarne l’esistenza o ridimensionare il fenomeno significa colludere con un sistema patriarcale che relega e vuole mantenere le donne subalterne agli uomini». Giustificando la violenza. O depistando, come nel caso delle recenti dichiarazioni della politica nazionale: «Secondo la presidente del Consiglio dei Ministri e il ministro dell’Istruzione e del Merito l’aumento della violenza maschile è legata alla presenza di uomini migranti – continua Agosta – Questo è inaccettabile e pericoloso, perché i dati confermano invece il contrario: la violenza maschile contro le donne è trasversale all’età, alla classe sociale, al livello di educazione e all’area geografica d’appartenenza, sia delle donne che la subiscono che degli uomini che la commettono». È lo stesso Viminale, peraltro, ad aver registrato come il 93,9 per cento dei femminicidi in Italia venga commesso da uomini italiani.
Una narrazione spesso distorta, che ha bisogno di un cambio di prospettiva, secondo chi lavora ogni giorno con le vittime: «Serve spostare l’attenzione da chi la violenza la subisce a chi la agisce», è l’appello dei centri antiviolenza siciliani. Oltre al Thamaia a Catania, il centro Le Onde di Palermo e il centro Cedav di Messina. «Senza questo reale cambio di passo culturale non sarà possibile arginare il fenomeno della violenza maschile sulle donne – conclude la presidente Agosta – i nostri Centri antiviolenza sono sì luoghi di accoglienza, ma anche spazi d’impegno quotidiano e di lotta politica per mettere in discussione i ruoli di genere tradizionali».
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