Vince Crocetta, a Catania festa intima del Pd Berretta: «Possibile convergenza con M5s»

Rosario Crocetta ha vinto ovunque in Sicilia, tranne a Catania, terra di Nello Musumeci e Raffaele Lombardo. La provincia dove il Popolo delle Libertà ha retto meglio, risultando ancora il partito più votato nel capoluogo, pur perdendo metà dei voti rispetto alle regionali del 2008. Un successo se si confronta con il risultato di Palermo, dove il partito del segretario Angelino Alfano è precipitato al 10 per cento, preceduto dal Movimento 5 stelle e dal Partito democratico. A Catania città, invece, il Pd è addirittura il quinto partito, dietro a Pdl, Movimento 5 stelle, Udc e Mpa, e ha raccolto appena il 9.36 per cento delle preferenze.

Sono i numeri a spiegare perché ieri sera in piazza Duomo, per la festa organizzata con il passa parola dal Pd cittadino, c’erano poco più di 70 persone. La maggior parte militanti con ruoli all’interno del partito, pochissimi semplici elettori. Il freddo non ha invogliato la partecipazione, ma l’aria che si respirava ai piedi del liotru non sembrava molto di festa. Forse perché a Catania il Partito Democratico non ha vinto. Non è dello stesso avviso Luca Spataro, segretario dei democratici a Catania, presente ieri sera in piazza Duomo. «Il fatto che il Pd abbia retto a Catania ha permesso a Crocetta di vincere a livello regionale», sottolinea. C’è Concetta Raia, deputata uscente e riconfermata all’Ars, grazie anche all’appoggio della Cgil locale rappresentata in piazza ieri sera dal segretario generale Angelo Villari. «Non è vero che la sinistra è sparita dal parlamento siciliano – spiega Raia – noi la rappresentiamo e d’altronde gli altri partiti come Sel e Idv già non avevano superato la soglia di sbarramento nel 2008».

Insomma, è la prima volta che gli elettori scelgono un ex comunista, un esponente del centro sinistra come presidente della Sicilia. «Ma in definitiva lo ha votato un siciliano su sette, è sparito il concetto di rappresentanza», commentava ieri sera il senatore Pdl Adolfo Urso, nel comitato catanese del candidato sconfitto Nello Musumeci. Per non parlare delle voci sul voto disgiunto propagandato da Raffaele Lombardo che avrebbe abbandonato il suo candidato ufficiale Gianfranco Miccichè per sostenere Crocetta. E lo stesso nuovo governatore, tra i commenti post-vittoria, se l’è presa con i giornalisti: «Basta con questa storia di Lombardo, mi avete rovinato la campagna elettorale. Senza questa storia avrei vinto con oltre il 40 per cento».

A guardare i numeri venuti fuori dalle urne, salta all’occhio la differenza tra la percentuale ottenuta dalle liste a sostegno di Miccichè – Grande Sud, Fli, Partito dei siciliani-Mpa che insieme prendono un rotondo 20 per cento – e quella del candidato presidente che si ferma al 15.42%. Una voragine di 70.919 voti. «Dove sono andati a finire?», si chiede ancora Urso. Crocetta ha preso 33.526 voti in più rispetto alle preferenze assegnate alle sue liste. I numeri dicono che un voto disgiunto c’è stato, ma limitato. Sarà anche per tutte queste ragioni che ieri in piazza Duomo non sono scesi in molti a festeggiare.

E chi c’era, come Giulio Ciccia, segretario dei giovani Pd di Catania, non dimentica il forte astensionismo: «Siamo in piazza anche per il 50 per cento dei siciliani che non ha votato, anche per loro deve arrivare un segnale da questo nuovo governo». Quali sono le tre cose che si aspetta subito da Crocetta? «Attenzione ai giovani che vanno via, al lavoro e al turismo». Ma per governare servirà allearsi con qualcuno. Tutti dicono che si troverà l’accordo sui singoli provvedimenti. Per Giuseppe Berretta, deputato nazionale del Pd, «il programma di Crocetta è improntato sulla discontinuità, su questo potremo trovare una convergenza con il Movimento 5 stelle e con tutti quelli che pensano che è necessario uscire rapidamente da questa palude».

Salvo Catalano

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