Villafrati, l’isolamento totale dentro Villa delle Palme Tra voglia di normalità e presidi che scarseggiano

«Stiamo tutti bene». Queste le primissime parole provenienti da Villa delle Palme, la residenza sanitaria assistita di Villafrati, centro d’eccellenza del territorio, che adesso è isolata a causa dell’esplosione di contagi da Covid-19 al suo interno. Al momento, infatti, sono 72 le persone della struttura risultate positive: 50 pazienti residenti e 22 operatori sanitari, di cui 11 villafratesi. Si attende, però, l’esito di altri 12 tamponi, ancora. Sono tutti barricati all’interno, impossibile uscire fuori in quello che, nei giorni scorsi, si è trasformato in una zona rossa, da cui non si può uscire e dove non si può entrare provenendo da altri Comuni. I cittadini sono invitati, ora più che mai, a rimanere chiusi nelle proprie abitazioni. Mentre i dipendenti della residenza sanitaria sono rimasti all’interno della struttura, in quarantena con tutti i pazienti residenti dell’Rsa. E costantemente impegnati a garantire i servizi di sempre agli anziani che si trovano lì. «Sono molto orgogliosa del mio personale», dicono ancora dall’interno della Rsa.

Mentre dall’altra parte del telefono, in sottofondo, si percepisce il brusio di quello che sembrerebbe un televisore acceso e il chiacchiericcio di qualcuno poco distante. Nell’imponente centro che sorge a pochi chilometri di distanza da Palermo, l’intento è quello di provare a riempire il più possibile quel vuoto e quel tempo adesso dilatato causati dall’isolamento totale col mondo esterno. Le visite da parte dei famigliari dei pazienti in residenza erano state inibite già dal 5 marzo. Sono quindi già venti giorni che si cerca di riempire le giornate aggrappandosi a una quotidianità stravolta, ma fino a un certo punto. Sono tante le possibilità che offre, infatti, un posto d’eccellenza come Villa delle Palme. Dal grande giardino esterno, alla palestra, le attività motorie e i laboratori artigianali. «Siamo in costante contatto con la struttura – dicono dall’amministrazione comunale -, gli impiegati che stanno facendo la quarantena lì stanno tutti bene, stanno facendo passare i giorni, speriamo che andrà bene davvero per tutti, il totale isolamento può avere i suoi vantaggi nel frenare i contagi. La comunità è abbastanza piccola e stiamo cercando di salvaguardarci tutti l’un l’altro. Speriamo che questo periodo passi presto, perché sarà importante vedere anche il dopo e come riprenderci, noi come l’intero Paese».

Intanto, l’intera comunità, e non solo, si stringe a tutte le persone che si trovano dentro l’Rsa, mandando chi un abbraccio virtuale, chi qualche parola di conforto, chi un ringraziamento per quegli operatori che non hanno mai lasciato soli i pazienti impossibilitati ormai da settimane anche a incontrare i propri cari. Mentre, proprio da dentro la struttura, gli operatori affidano ai sindacati un grido d’allarme. «dispositivi arrivati non sono sufficienti, chiedono aiuto – denunciano infatti il segretario generale della Funzione Pubblica Palermo Giovanni Cammuca e Michele Morello, responsabile terzo settore Fp Cgil Palermo, in contatto continuo con i lavoratori dell’Rsa -. Chiedono presidi che non bastano più, mascherine con i filtri e quelle a copertura integrale, guanti resistenti, camici da buttare. Da domani non sanno come reggere il lavoro, non sanno se potranno essere in grado di lavorare senza adeguate protezioni. Il rifornimento di guanti, mascherine e camici arrivato oggi non basta a coprire anche la giornata di domani. Al lavoro ci sono anche operatori sanitari risultati positivi e non sanno come fare».

Una situazione critica che in questo momento sembra riguardare non solo la residenza sanitaria di Villafrati, ma anche molte altre case di riposo a Palermo e provincia, specie le strutture più piccole. «Si rischia che queste case di riposo diventino delle Auschwitz per anziani – aggiungono Cammuca e Morello -.  I casi di contagio collettivo si vanno estendendo. Quello che è accaduto nella casa di risposo di Villafrati, può scoppiare in qualsiasi centro. I dispositivi non vengono dati ai lavoratori, non ci sono controlli sulle strutture. Non solo i centri per anziani ma tutti i centri di cura, assistenza e riabilitazione dove si fa vita di comunità, come quelli per pluriminorati, malati d’Alzheimer, neurolesi, dove l’educatore lavora gomito a gomito col paziente e non può mantenere nessuna distanza di sicurezza».

Silvia Buffa

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