Lavorano a gruppetti di quattro, coperti da semplici tute sterili e bombole d’aria pesanti diversi chili. Entrano nel’inferno e ci rimangono per massimo trenta minuti, portando via quello che resta di corpi e scheletri. Tocca ai vigili del fuoco il compito più difficile nella mega operazione di recupero dei migranti morti dentro il peschereccio che si è inabissato a largo della Libia il 18 aprile del 2015. Una sfida che mette a dura prova il loro equilibrio psicofisico.
È per questo che è stato attivato un servizio di supporto psicologico, non coordinato da figure esterne, ma da colleghi con una specifica formazione psicosociale. «Per svolgere questo ruolo – racconta Luigi De Luca, sostituto direttore antincendi, una delle due persone che si occupa di questo servizio – non serve una preparazione accademica, ma è necessario aver vissuto un evento simile e averlo superato». Ad esempio chi è stato a L’Aquila durante i giorni successivi al terremoto, o chi ha assistito al decesso di un collega. «Momenti critici in cui si è rimasti bloccati, incapaci di proseguire le attività, ma che si è riusciti a superare grazie all’aiuto della squadra», continua De Luca.
Ed è proprio in gruppo che anche ad Augusta avviene «la decompressione emotiva». «Le squadre – spiega Luca Cari, responsabile della comunicazione d’emergenza dei vigili del fuoco – intervengono con auto protettori, tute sterili e bombole d’aria con una permanenza in stiva al massimo di 30 minuti. Ma è un ciclo continuo, 24 ore su 24, che non verrà sospeso, fino a quando non sarà recuperato l’ultimo corpo». Alla fine del turno, i vigili del fuoco che sono entrati nel barcone, dove si stima ci possano essere 500 corpi, si ritrovano in gruppo per confrontarsi. «In un contesto di squadra – spiega De Luca – dove non c’è timore di essere giudicati, ci si confronta dal punto di vista emotivo e tecnico. L’obiettivo è non tenersi dentro quello che si è provato, decomprimere il carico emotivo».
Fino a ieri i vigili del fuoco hanno portato fuori dal peschereccio 105 sacche, all’interno delle quali si trovano i resti di molti più corpi, in diversi casi ormai indistinguibili. Queste sono state consegnate alla Croce rossa militare che, a sua volta, li trasferisce all’istituto di medicina legale. A coordinare le operazioni è Cristina Cattaneo, docente dell’università di Milano. «Al momento il nostro personale ha risposto in maniera adeguata – conclude De Luca -. Come ci aspettavamo, abbiamo registrato un buon livello di maturità emotiva». Nei prossimi giorni, più persone, anche provenienti da fuori Sicilia, si alterneranno nel lavoro di supporto psicologico ai vigili del fuoco impegnati.
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