Viale Mario Rapisardi, la scena dell’agguato «Angelo Torrisi? Un commerciante come noi»

«Angelo Torrisi? Un commerciante come tanti». Al viale Mario Rapisardia più di 12 ore dall’agguato che nella tarda serata di ieri ha avuto come obiettivo il titolare del bar Torrisi, non si parla d’altro. Nei dintorni dell’attività tutti lo nominano ma nessuno si sbilancia. Nessuna ipotesi e parole usate con il contagocce quando si domanda se è plausibile che l’agguato sia davvero maturato nell’ambito della pista privilegiata dagli inquirenti: quella della vendetta all’interno della sfera personale dell’uomo. Lui, Torrisi, è finito nel mirino di chi ha sparato, quando da poco erano passate le 23.30, restando ferito in maniera molto grave. L’attività commerciale, aperta nel 1997, è blindata dai sigilli della questura di Catania. Cinque ingressi, due che danno direttamente sulla strada principale e i restanti su una viuzza laterale.

Nella parte esterna, in una sorta di veranda in legno con tavolini e sedie bianche, c’è ancora qualche traccia di sangue e un copriscarpe azzurro, probabilmente lasciato dagli agenti della polizia scientifica. Ieri notte impegnati a isolare la scena del crimine a caccia di tutti gli indizi possibili. Probabilmente, Torrisi è stato colpito mentre si trovava all’interno del bar. Dentro ci sono ancora alcuni tavoli apparecchiati mentre sul bancone sono rimasti abbandonati alcuni pezzi di rosticceria siciliana. C’è anche molto sangue. Osservando dall’esterno la scena dell’agguato, è possibile ipotizzare anche i movimenti dell’uomo che, dopo essere stato colpito, potrebbe essersi spostato verso l’uscita più vicina alla cassa. Nei pressi di quest’ultima si aggrappato al bancone, dove resta una vistosa chiazza di sangue. Lungo la stessa direzione c’è pure un tavolo semidistrutto da un colpo di pistola, forse non andato a segno, e a terra un grosso cerchio giallo realizzato con un gesso. La scia di liquido ematico continua anche fuori, dove forse l’uomo si è accasciato a terra prima dell’arrivo dei soccorsi.

«Ultimamente si vedeva poco, forse perché si occupava pure di catering in giro per la città», racconta il titolare di un negozio della zona. «Dentro il bar lo aiutavano anche i figli e, credo, la moglie. Sembrano persone normali, ormai da anni con questa attività commerciale». Parole, forse di circostanza, che vengono ripetute anche negli altri due bar della zona alta del viale Mario Rapisardi, a due passi da una banca. «Ieri abbiamo chiuso alle 22.45, quando è successo eravamo già andati tutti via», spiega timidamente il banconista. Stesso spartito anche da parte del titolare: «Io ho aperto nel 2007 ma non conoscevo personalmente questa persona (la vittima dell’agguato, ndr). Era un commerciante come tanti, ben radicato in questo quartiere».

Gli agenti della squadra mobile, che su delega della procura di Catania si stanno occupando del caso, in queste ore stanno sentendo familiari e amici dell’uomo. L’obiettivo è cercare il movente che si cela dietro un fatto che, per modalità, rimanda al modus operandi di Cosa nostra. Torrisi, incensurato, si trova ricoverato all’ospedale GaribaldiNesima, dov’è stato trasportato ieri notte dai sanitari del 118. Davanti alla sua attività regna il silenzio con passanti e curiosi che preferiscono sostare dall’altro lato della strada. Sempre nei pressi di questa zona si era già sparato lo scorso sabato, quando un 38enne incensurato era stato gambizzato. Tra i due fatti però, almeno per il momento, non ci sarebbe nessuna correlazione. 

Dario De Luca

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