Viaggio nelle isole siciliane, la semplice Levanzo Intimità e lentezza per la più piccola delle Egadi

Piccola, selvaggia, silenziosa, semplice. Non è un’isola per chi va di fretta e nemmeno per chi cerca le luci e la musica delle frenetiche notti d’estate. Levanzo, la minore delle isole Egadi, è lenta, rilassata, discreta e solitaria, adatta a chi ama il mare così tanto da sentirsene abbracciato. Un fazzoletto di appena dieci chilometri quadrati affacciato sulla costa trapanese e un piccolo presepe di casette bianche e azzurre dove le auto non possono circolare ed è il mare a scandire il tempo dell’uomo. Qui il rumore più assordante è quello delle urla dei numerosi gabbiani che popolano le scogliere. Una sola strada che attraversa il paese, dove si incontrano tutti, isolani e turisti, dove si chiacchiera, ci si racconta e da dove si guarda insieme l’orizzonte quando per il brutto tempo l’aliscafo non può attraccare. Se si vuole andare dall’altra parte dell’isola si va a piedi, in bicicletta o… sul mulo. Poco più di 270 metri l’altezza del punto più alto dell’isola, Pizzo del Monaco, che domina una costa frastagliata con falesie alte a picco sul mare, piena di calette, insenature e grotte. Tra queste occupa un posto di rilievo la splendida Grotta del Genovese.

Scoperta quasi per caso nel 1949, la grotta ospita sulle sue pareti nterne degli splendidi graffiti e pitture risalenti rispettivamente alla fine del Paleolitico e del Neolitico, raffiguranti scene di caccia, di pesca e danze rituali che testimoniano la presenza dell’uomo sull’isola già 10mila anni fa. Durante il Paleolitico, infatti, Levanzo era unita a Favignana da una stretta lingua di terra emersa. Successivamente, intorno al 6000 a.C., l’innalzamento del livello del mare portò all’estinzione le popolazioni primitive che non conoscevano le tecniche di navigazione e l’isola divenne disabitata. Le raffigurazioni rappresentano un immenso valore scientifico e culturale al punto da costituire il più ricco patrimonio italiano di immagini preistoriche parietali. La grotta è di origine carsica e ciò fa sì che sia molto articolata e in continua trasformazione. Nella camera d’ingresso si trovano i resti di quella che era una fornace medievale per la fabbricazione della calce e, superato un umido cunicolo stretto e basso, si accede alla camera delle incisioni rupestri. Per visitarla basta recarsi al piccolo ufficio che si incontra non appena si scende dall’aliscafo. 

La spiaggia più vicina al porto è quella di Cala Dogana, subito alla sinistra dell’attracco dell’aliscafo e a ridosso del paese. Essendo un’isola molto piccola e poco frequentata il mare di Levanzo è pulito e limpido anche nelle immediate vicinanze del porto. Il consiglio però è quello di allontanarsi un po’ e andare alla scoperta delle spiagge più isolate e nascoste. La prima caletta interessante che si incontra alla destra del porticciolo è Cala Fredda, una spiaggia di sassi dove si ha subito il primo assaggio di tutta la tavolozza di blu e di azzurri del mare dell’isola. Proseguendo verso est si arriva alla splendida e selvaggia Cala Minnola vicino alla quale si trovano i resti di un’antica struttura romana utilizzata per la lavorazione del pesce. Entrambe le due calette sono raggiungibili sia da terra che da mare. Superato Capo Grosso, la parte più settentrionale dell’isola, si trova Cala Tramontana, la più spettacolare tra tutte le spiagge dell’isola. Da non perdere anche la suggestiva Cala Faraglione; dall’aspetto simile a quello di una piscina, è chiamata così perchè affacciata, appunto, di fronte a uno splendido faraglione. 

L’arcipelago delle Egadi è celebre anche per essere, con i suoi 53.992 ettari, la più grande area marina protetta del Mediterraneo e Levanzo, come anche Marettimo e Favignana, offre innumerevoli possibilità agli appassionati di subacquea, in particolare a chi vuole affiancare all’osservazione dei meravigliosi fondali anche dei percorsi archeologici. Un itinerario archeologico-subacqueo molto interessante si trova a circa trenta metri di profondità, tra Cala Minnola e Punta Altarella, dove, tra i colori della fauna e della flora marina, si possono ammirare i resti di un relitto romano con anfore e vasi di ceramica appartenenti al I secolo a.C. 

Oltre a vastissimi prati di Posidonia, l’area intorno a Levanzo ha una ricchissima biodiversità che, oltre a cetacei e squali, vede il recente ritorno della foca monaca che si pensava fosse ormai scomparsa dal Mediterraneo. Nonostante sia molto piccola, l’isola offre anche diverse possibilità per chi vuole fare passeggiate dentro una rigogliosa vegetazione mediterranea tra capperi, fichi d’india, euforbie, agave, erica, carrubbi, oltre a una serie di numerosi endemismi. Levanzo deve il suo nome probabilmente all’antica tecnica di prelievo dell’acqua che consisteva nella tradizionale leva utilizzata nell’unico pozzo posto a sud dell’isola, da cui leva in su. Un’altra ipotesi vuole che l’isola abbia tratto il suo nome da una mutazione del termine Laepantio, nome di un uomo leggendario che, si dice, abbia abitato l’isola fin dall’antichità.

Michela Costa

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