Viadotto Italia crollato, ma la Sicilia non se n’è accorta A pagare turisti, pendolari e autotrasportatori

Non bastava una Sicilia spezzata a metà dalla frana che ha colpito il viadotto Himera, lungo l’autostrada Palermo-Catania. E rammendata solo parzialmente dall’introduzione di nuovi treni tra le due città, chiamati veloci perché hanno ridotto i tempi di percorrenza da cinque a due ore e quaranta minuti. Da marzo c’è un altro ponte crollato che taglia il Sud dal resto del Paese: è il viadotto Italia, lungo l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, in territorio di Cosenza. Passaggio obbligato per chi viaggia in macchina, in autobus o su mezzo pesante dall’Isola verso il Nord. Propaggine di Sicilia, dunque. Venuto giù il 3 marzo, mentre si svolgevano lavori sulla carreggiata Sud. Quel giorno un giovane operaio, Adrian Miholca, perse la vita, precipitando per circa 80 metri insieme alla ruspa. 

Da allora il ponte più alto d’Italia, il secondo d’Europa, è chiuso. Su entrambe le carreggiate. Sia quella danneggiata, in direzione Reggio Calabria, che l’altra. Per riaprire quest’ultima, a doppio senso di marcia, si attende il collaudo statico. La Procura di Castrovillari ha aperto un’inchiesta, nel frattempo ha messo sotto sequestro il viadotto per timore di nuovi crolli. Le ultime notizie sui tempi di riapertura di almeno una carreggiata parlano di fine luglio. Nel frattempo, chi viaggia sull’A3 – eterna incompiuta che il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha promesso di ultimare entro il 2016 – è costretto a una lunga deviazione. Appena superata la Basilicata si lascia l’autostrada, uscita obbligatoria Laino Borgo, si rientra a Mormanno, entrambe località in provincia di Cosenza. In mezzo un giro su e giù nel parco del Pollino. Tradotto in termini di tempo significa fino a sessanta minuti in più nel già accidentato viaggio lungo l’A3, con conseguente incremento di traffico sulle dissestate strade locali. Un calvario soprattutto per il settore agroalimentare della Sicilia orientale che fa viaggiare su gomma gran parte della produzione diretta al Nord. Il comprensorio etneo e quello di Vittoria-Ragusa si ritrovano così in un vicolo cieco, sia a Ovest, verso Palermo, che a Nord. 

Il Consorzio autostrade siciliane, gestore delle autostrade Palermo-Messina e Messina-Catania, ha quantificato l’incremento di incassi avuto nell’ultimo mese, dopo la chiusura di un tratto dell’A19, lungo le due arterie diventate alternativa obbligatoria per tir e camion. Si tratta di 189mila euro in più rispetto al mese precedente. Per questo ha chiesto al governo nazionale di stanziare un milione di euro per i prossimi sei mesi in cambio dell’esenzione del pedaggio

Eppure l’emergenza ha portato in dote un netto miglioramento della viabilità ferroviaria. Tra Palermo e Catania viaggiano adesso 14 treni al giorno, andata e ritorno in 2 ore e 40 minuti. Esattamente quanto impiegava prima l’autobus. Oggi i treni sono pieni e puntuali. Magicamente l’utenza, al comparire di un servizio degno di questo nome, si è materializzata. Smentendo le analisi fatte in passato delle Ferrovie che hanno spesso motivato la smobilitazione dalla Sicilia con la mancanza di clienti. Adesso il crollo del viadotto Italia potrebbe portare a un analogo miracolo. In scala più ampia. Attualmente il treno da Roma a Villa San Giovanni impiega cinque ore. Per superare lo Stretto e arrivare a Catania con lo stesso convoglio ce ne vogliono altre quattro: totale nove ore. Eppure con pochi accorgimenti – bypassare Napoli usando il passante; solo due fermate in Calabria; eliminazione di tutti i recuperi di tempi inseriti in orario – il tempo tra la Capitale e lo Stretto si riduce a quattro ore. Con un’ora di traghettamento e altrettanto da Messina a Catania, limitando le fermate, si arriva a coprire la tratta Roma-Catania in sei ore. 

A seguito dell’incontro del 3 giugno tra Regione Calabria e il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, quest’ultimo ha garantito massimo impegno per i problemi della mobilità in Calabria, accelerando il finanziamento della viabilità secondaria. Per il resto, promesse generiche: per la verifica della fattibilità del trasporto via mare delle merci, così come per il traffico passeggeri. «In considerazione della stagione turistica – ha fatto sapere il Mit – il ministro incontrerà le società concessionarie per il potenziamento il traffico ferroviario e, ove possibile, aereo». Non pervenuti all’incontro, né si registrano prese di posizione, proposte o suggerimenti dal governatore della Sicilia Rosario Crocetta o dalla giunta regionale. Nonostante almeno due milioni di siciliani subiscano disagi quotidiani. 

In tempi non sospetti, Francesco Russo, docente di Trasporto all’università di Reggio Calabria che collabora con il ministero delle Infrastrutture, illustrava progetti semplici su come migliorare la nostra mobilità. Diventati in parte realtà in Sicilia grazie a una sfortuna. Anche la chiusura del viadotto più alto d’Italia potrebbe essere trasformata in opportunità. A quel punto anche i Siciliani avranno la libertà di scegliere il treno come mezzo di trasporto per viaggi e lavoro. Sentendosi finalmente un po’ di più cittadini europei.

Salvo Catalano

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