Via Santa Filomena, il progetto nel cassetto Dimenticato dal Comune, ma non dai gestori

Dieci proprietari di ristoranti, pub e negozi disposti ad autotassarsi per valorizzare la via dove si trovano le loro attività. Poteva essere questo il futuro di via Santa Filomena, la traversa di via Umberto, tra i più frequentati luoghi di ritrovo notturni di Catania. E invece l’idea dei gestori, protocollata alla direzione Sviluppo attività produttive del Comune di Catania il 26 novembre 2012, è rimasto solo un progetto sulla carta. «Abbastanza innovativo secondo noi, perché mette insieme sicurezza, segnaletica, pulizia, illuminazione e organizzazione di eventi – racconta Andrea Graziano, proprietario de Il Sale e Fud, due tra le attività che hanno proposto il progetto a costo zero per il Comune – Un’iniziativa contemporanea che può solo dare un ulteriore valore aggiunto a questa via e che purtroppo non è stata tenuta in considerazione da nessuna amministrazione».

Né da quella guidata da Raffaele Stancanelli – sotto la quale è stata presentata – né dall’attuale giunta del sindaco Enzo Bianco. Intanto il tempo è passato e due delle attività firmatarie della proposta hanno chiuso. Restano, oltre ai locali di Graziano, Boudoir 36, Gastronomia vulcaniche, Libreria Vicolo stretto, Ibridi, Mr. Hyde e I Polpettari. Attività diverse che hanno deciso di partecipare a un progetto comune in un momento difficile, quando il Comune non voleva dare nemmeno l’autorizzazione ai locali a disporre fuori i tavolini e nessuno – a parte chi ci lavorava – sembrava ricordare che via Santa Filomena fosse già un’area pedonale.

Il salotto buono della città, come hanno definito la zona i vari assessori che si sono susseguiti negli anni. «Una via unica nel suo genere a Catania e forse in gran parte della Sicilia», secondo Graziano. Eppure spesso invasa dalle auto in sosta, senza cestini né verde. «Noi chiedevamo solo di ufficializzare parte delle cose che già facciamo – continua il proprietario di Fud – Puliamo da soli, illuminiamo, non facciamo passare o facciamo spostare le auto. Ma non possiamo certo mettere le piante e poi doverci pagare su una multa per l’occupazione abusiva del suolo pubblico».

Per questo nel progetto i gestori firmatari chiedevano le autorizzazioni per realizzare alcune opere a spese proprie. Come l’installazione di telecamere di videosorveglianza a circuito chiuso, l’attivazione di una rete wifi e la pulizia quotidiana, ma anche straordinaria una volta al mese. E ancora panchine e vasi per le piante, cestini per i rifiuti e le cicche di sigaretta, rastrelliere per le biciclette. Infine, gli imprenditori avrebbero disposto una segnaletica agli estremi della strada con i nomi delle attività presenti e organizzato quattro eventi all’anno. Idee rimaste senza risposte, ma sempre valide. «Anche perché l’aiuto che abbiamo chiesto non è il solito aiuto – conclude Graziano – Vogliamo autorizzazioni, non concessioni e nemmeno soldi».

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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