«Non possiamo andare a fare le prostitute per campare. Questo è un lavoro onesto. Noi ricompriamo tutto, facciamo il finanziamento e ricompriamo tutto». La signora Francesca è la titolare della trattoria Torre del vescovo di via Plebiscito. Uno dei cinque ristoranti di carne di cavallo ai quali, giovedì sera, sono stati sequestrati tavoli, sedie, frigoriferi. Ma soprattutto i bracieri. Insieme ai responsabili di Tenerissimo, Da Achille, Re Carlo V e Cantina del siciliano sono accusati di occupazione abusiva del suolo pubblico.
È questo l’ultimo risvolto dei controlli ai locali di Catania. Gli uomini del nucleo Prevenzione crimine della polizia di Stato sono entrati nel cuore dell’Antico corso, tra gli arrusti e mangia più noti della città. Cinque mezzi della polizia, venti agenti, un’auto delle fiamme gialle. Ai quali va sommato il furgone su cui sono stati caricati, sotto gli occhi attenti dei frequentatori della zona, tutti gli arredi che erano stati messi sulla strada. Centocinquanta sedie e 50 tavoli.
Nel corso del sequestro, però, la signora Francesca non è rimasta a guardare. «Ha tentato di ostacolare le operazioni», raccontano dalla polizia di Stato. «Sono qua a lavorare per dare da mangiare ai miei figli», si accalora lei. «In via Plebiscito si lavora e basta. Non possiamo andare a rubare. Ci facciamo il finanziamento e paghiamo col finanziamento», annuncia. Mentre un cliente la difende: «Vengo da Aci Sant’Antonio perché so che qua trovo la carne arrostita buona. È la nostra tradizione». «Vengono anche i turisti», interviene il nipote di Francesca.
«Chi mittemu ‘i tavuli ‘n menzu ‘a strada pì farici ammazzari re machini?». In dialetto stretto, mentre un folto gruppo di persone le si raccoglie attorno, sostiene che tavoli e sedie non fossero sulla strada, ma sul marciapiede. «Che legge è questa? Alla gente piace mangiare fuori, la caratteristica è questa. Io penso che non è reato», dice. «Devono andare dove la gente beve e si ammazza, in piazza Teatro Massimo – continua – Non qui, dove le persone mangiano carne in soddisfazione».
Quella di stasera non è la prima disavventura legale della trattoria Torre del vescovo. Di proprietà di Antonino Arena, era stata sequestrata nel 2013 a margine dell’operazione Nuovo corso. Nino ‘u puppittaru è considerato dagli inquirenti uno stretto collaboratore del boss Giuseppe Garozzo, a capo del clan dei Cursoti. Secondo i magistrati, ad Arena spettava il compito di finanziare le attività del gruppo, comprando droga e armi oppure pagando l’onorario degli avvocati e lo stipendio degli affiliati con problemi con la giustizia.
Ma Francesca non è l’unica a difendere il suo locale. Anche Maria Concetta Santoro, la trentenne titolare del Re Carlo V, non ha preso bene il sequestro degli arredi e del banco frigo. E avrebbe aggredito «verbalmente e fisicamente i poliziotti». Non solo. Si sarebbe scagliata contro una giornalista presente sul posto, prendendola per il collo e strappandole dalle mani il cellulare con il quale stava riprendendo la scena. Per questo motivo, Santoro è accusata di tentata rapina. È stata arrestata ed è attualmente agli arresti domiciliari.
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