Via Maqueda, da lunedì addio alla pista ciclabile Fiab: «Creava tensioni, mai usata correttamente»

«I pedoni litigano con i ciclisti perché dicono che devono stare esclusivamente nella pista ciclabile, che però non lo è, mentre i ciclisti scampanellano in continuazione perché vorrebbero andare alla loro normale andatura ma non lo possono fare». Le scene di ordinaria tensione in via Maqueda vengono descritte alla perfezione da Chiara Minì, presidente Fiab. Dopo il lungo periodo di sperimentazione, voluto dall’ex assessore alla Mobilità Giusto Catania, la pista ciclabile di via Maqueda verrà abolita a partire da lunedì. Troppe le incomprensioni su una delle principali arterie della città, tanto da spingere intanto il Comune a fare un passo indietro su un provvedimento fortemente voluto ma mai realmente assimilato dalla popolazione.

In tanti ad esempio non hanno mai realmente compreso che la pista ciclabile è (era) effettivamente tale esclusivamente dalle 7 alle 10 del mattino: a giugno l’amministrazione aveva pure fatto apporre sull’asfalto la scritta 7-10 per completare la segnaletica e chiarire la ripartizione temporale, ovvero l’uso esclusivo per i ciclisti in quelle tre ore e promiscuo per il resto della giornata. Ma i malumori reciproci di pedoni e ciclisti erano rimasti uguali. «Anche la polizia municipale va controsenso sulla pista ciclabile, così come molti ciclisti» chiosa Minì.

La convivenza tra i pedoni e i mezzi a trazione umana, insomma, si è rivelata piuttosto ostica. Tanto che la Fiab ha organizzato questa mattina un sit-in, che si è concluso ai Quattro Canti con un incontro all’aperto con i consiglieri di prima circoscrizione, i residenti e i commercianti. «La pista ciclabile è fuorviante, si sono verificati una serie di scontri – dice Fabrizio Brancato, consigliere di prima circoscrizione – L’ordinanza è pronta, la volontà dell’amministrazione è di accogliere la richiesta che viene insomma un po’ da tutte le parti. Essendo un’area pedonale via Maqueda è già comunque aperta a prescindere sia ai pedoni che ai ciclisti, 24 ore su 24. È importante che ci siano le piste ciclabili, che siano fatte bene e nei luoghi corretti, in tutela reciproca».

La cancellazione su via Maqueda è, per Fiab, solo il primo risultato. «Chiediamo l’attivazione di una vera pista ciclabile vera, che duri 24 ore, su via Roma – dice ancora Chiara Minì – Da novembre 2017 abbiamo richiesto ciò all’assessorato, la proposta è passata a maggioranza in commissione urbanistica e ora deve passare per la realizzazione definitiva dal consiglio comunale. Sono tutti d’accordo: ciclisti, pedoni e parti politiche. La bicicletta è un mezzo di trasporto, non un mezzo di passeggio. Il Comune di Palermo ha quest’idea che piedi e bici possano convivere. Le biciclette devono essere messe dove ci sono le auto e non dove ci sono i pedoni, ovviamente in sicurezza e con una corsia privilegiata. Il problema di via Roma è che ha due corsie di autobus. Ma abbiamo preso le misure, fatte le considerazioni tecniche, ci sono le dimensioni per una pista a sè».

La sperimentazione su via Maqueda, dunque, potrebbe essere utile anche per le prossime piste ciclabili ancora in corso di definizione. E fungere da monito per chi non ne ha ancora assimilato l’utilizzo. «Molti palermitani vanno al lavoro in bicicletta – spiega la presidente Fiab – e non possono fare ogni volta gli slalom tra le persone. Va bene se devo fare shopping, ma se ho fretta di arrivare a lavoro prendo strade alternative. C’è un problema di base: purtroppo i nostri concittadini nè conoscono i segnali stradali nè li sanno leggere nè li sanno interpretare».

E da buona ciclista Chiara Minì ci tiene a smontare un altro luogo comune. «Una pista ciclabile è una via sull’asfalto. Non capisco la leggenda metropolitana per cui non basta una striscia per terra. Il dissuasore non è obbligatorio. In città come Berlino o New York le piste sono come quella di via Maqueda: nessuna macchina al mondo si sogna di sforare la linea continua. Vale per una qualsiasi strada statale, se a Palermo non si capisce che vale anche per la pista ciclabile vuol dire che siamo messi male perché manca la cultura». 

Andrea Turco

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