«E chi c’è, Justin Bieber?!». Lo dice con stupore, la ragazzina che passeggia per via Autonomia Siciliana. È costretta a fermarsi a guardare la folla di persone che si è raccolta in via D’Amelio, non sa cosa stia accandendo, né perché. Tira dritto, però, è preferisce portare con sé questo dubbio. Non si unisce ad aspettare l’arrivo dei ciclisti, professionisti e non, capeggiati da Paolo Borsellino, in dirittura d’arrivo verso l’ultima tappa dell’Agenda ritrovata, la ciclostaffetta della memoria partita il 25 giugno da Bollate. Ha attraversato l’Italia e aggregato famiglie, generazioni diverse, gente arrivata anche dall’estero. Un modo diverso di fare memoria, nato dall’idea di un’associazione culturale di Bollate, L’Orablù. «Ci tenevo a passare, vedere tutta questa gente riunita qui è sempre una grossa emozione, non voglio perdermela», commenta fugace Rita Borsellino, sorella del magistrato ucciso dalla mafia il 19 luglio 1992. Toccata e fuga, dopo una decina di minuti è già lontana dalla folla.
Non manca nessuno e ad attendere i ciclisti ci sono soprattutto i giovani, sono in tantissimi, a dispetto della ragazzina rimasta spiazzata. A dimostrazione del fatto che iniziative di memoria come questa non sono mai troppe. «Io ho fatto da Ivrea fino a Bollate, passando per Novara, ho fatto il prologo – dice Fabio Grosso da Torino – È una bella iniziativa, che ha coinvolto tutta Italia. Grazie alla possibilità di seguire le tappe anche in diretta streaming ho visto davvero tanta gente, c’è stato anche chi addirittura s’è preparato ad attendere settimane prima per unirsi ai ciclisti nella tappa di riferimento». Una manifestazione che già prima di tagliare i nastri di partenza, ha richiamato moltissima attenzione.
«Io invece ho preso parte alla tappa da Bollate a Lodi e poi sono venuto qui per l’arrivo – commenta anche Renato Rodella da Milano – Non è un’iniziativa importante solo per ricordare, che è una delle cose principali, ma è utile anche per far conoscere a chi magari è nato dopo il ’92 e non può aver vissuto quei momenti drammatici. Una manifestazione che dà risalto anche a livello nazionale a quello che è successo, quindi credo sia molto importante e bella questa idea dei ragazzi di Bollate, che sono riusciti a coinvolgere praticamente l’Italia intera».
«Quelli che hanno sottratto l’agenda rossa a Paolo non erano mafiosi – commenta caustico il fratello del giudice, Salvatore Borsellino a margine dell’evento, durante la presentazione del libro – ma pezzi di quello stesso Stato che ha ucciso mio fratello. Per questo sono qui. Se mio fratello fosse stato ucciso da quel nemico che ha combattuto, la mafia, certo lo ricorderei, ma lui è stato ucciso da un fuoco che aveva alle spalle. Simbolicamente ho voluto riportargli l’agenda rossa». Borsellino parla anche di una seconda agenda usata dal giudice, anche questa scomparsa: «Mio fratello aveva anche un’altra agenda più piccola e grigia dove appuntava sigle e nomi delle persone che incontrava».
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