«La memoria di quella strage suscita tutt’ora una immutata commozione e insieme rinnova la consapevolezza della necessità dell’impegno comune per sradicare le mafie, per contrastare l’illegalità, per spezzare connivenze e complicità che favoriscono la presenza criminale». Sono queste le parole più significative pronunciate dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel giorno del 29esimo anniversario della strage di via D’Amelio. Il capo dello Stato ha voluto ricordare tanto il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina – le vittime dell’attentato – quanto Giovanni Falcone, il giudice ucciso nella strage di Capaci meno di due mesi prima. «Paolo Borsellino, e come lui Giovanni Falcone, sapevano bene che la lotta alla mafia richiede una forte collaborazione tra istituzioni e società. Per questo si sono spesi con ogni energia», ha aggiunto Mattarella.
Nella giornata del ricordo, sono circa 500 le persone che si sono date appuntamento nella via in cui l’autobomba venne azionata, proprio poco prima che Borsellino varcasse l’ingresso del palazzo in cui viveva la madre. Molti dei partecipanti ha un’agenda rossa in mano, in ricordo di quella sparita dalla valigietta del magistrato e mai più trovata. Nei mesi scorsi, una scorta civica era stata organizzata per affermare il messaggio di legalità. Sul palco sono saliti tra gli altri Salvatore Borsellino, il fratello del giudice, e Antonio Vullo, l’unico componente della scorta sopravvissuto.
Quello del 19 luglio 1992 è un attentato che ancora oggi resta circondato da tantissimi dubbi, sul vero movente e soprattutto sul coinvolgimento di entità esterne a Cosa nostra. Ombre su cui nei giorni scorsi si è soffermata la commissione regionale Antimafia approvando la seconda relazione sul depistaggio. «Da magistrati Borsellino e Falcone hanno espresso altissime qualità professionali. Hanno intrapreso strade nuove, più efficaci, nelle indagini e nei processi. Hanno testimoniato, da uomini dello Stato, come le mafie possono essere sconfitte, hanno dimostrato che la loro organizzazione, i loro piani possono essere svelati e che i loro capi e i loro sicari possono essere assicurati alla giustizia. Per questo sono stati uccisi», ha commentato Borsellino.
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