Settembre 2018. È la scadenza che i tecnici considerano realistica per la conclusione dei lavori di recupero e restauro dell’ex convento dei padri Crociferi, che ospiterà anche alcuni reperti – forse circa 300 – del Museo egizio di Torino. L’appalto, che costa un milione di euro (denaro fornito dalla Protezione civile regionale), è in effetti alle rifiniture. Ma si tratta di rifiniture particolarmente delicate. I lavori di natura muraria e la riqualificazione dell’impianto elettrico sono stati completati, ora tocca all’impianto di aerazione e alla sistemazione degli spazi che ospiteranno i materiali in arrivo dal Piemonte. Gli esperti torinesi, tempo fa, hanno inoltrato al Comune una serie di prescrizioni che riguardano la temperatura dell’aria, che dovrà rimanere quasi costante sia nei locali della struttura di via Crociferi che all’interno di ogni singola teca. Una precauzione che serve a garantire la tutela e la conservazione dei reperti, che potrebbero provenire dagli scavi archeologici di Tebtynis, una città a qualche centinaio di chilometri dal Cairo.
Le macchine che garantiranno la «freschezza» degli ambienti sono piuttosto sofisticate. La ditta che sta eseguendo i lavori, una consorziata nissena del consorzio romano Valori Scarl, ha chiesto quattro mesi per realizzarle: si tratta di manufatti che vanno assemblati, non si trovano in commercio. Considerato che gli operai sono «entrati in convento» il 7 novembre 2017 – e tenuto conto di di brevi sospensioni e conseguenti proroghe, i tempi sono ormai maturi. I macchinari sarebbero in arrivo, questione di settimane, e quando saranno disponibili verranno verificate dagli emissari del Museo egizio, che valuteranno anche l’intero appalto sulla base delle «necessità» dei reperti. Non si tratterà – almeno formalmente – del collaudo dell’opera, ma di un pre-collaudo. Se ci sarà l’ok dei piemontesi, a settembre il convento dovrebbe essere pronto. E si potrà pensare al trasferimento dei beni museali.
Avviato nel 2011 – con 2,5 milioni di euro della Protezione civile regionale – sotto l’egida dell’amministrazione guidata da Raffaele Stancanelli, il processo di restauro dell’ex convento dei padri Crociferi è poi passato da un secondo finanziamento, come detto da circa un milione, fornito dalla Regione nel febbraio 2014, attraverso il Piano di azione e coesione per gli interventi di riqualificazione urbana. Tra i due momenti, per la precisione all’inizio del 2016, si situa l’intenzione dell’amministrazione Bianco di ospitare una succursale del museo Egizio di Torino in città. Sostenuta, ma forse è il caso di dire difesa, soprattutto dall’assessore alla Cultura Orazio Licandro.
Per il quale l’apertura della succursale egizia catanese rappresenta «una seria, significativa sperimentazione culturale senza precedenti in Italia». Contattato da MeridioNews, Licandro ripercorre il difficile percorso di ponderazione delle esigenze della fondazione Museo egizio, di Palazzo degli elefanti e del ministero per i Beni culturali. «Adesso ci siamo – aggiunge – quel luogo diventerà una delle più potenti attrazioni della Sicilia». L’assessore comunale alla Cultura va addirittura oltre. «La nostra Isola – spiega – è diventata per una congiuntura internazionale una delle frontiere del turismo esotico. Non bisogna dimenticare – prosegue – la presenza della moschea più grande del Mezzogiorno: è evidente come il nostro progetto abbia un respiro di grande ampiezza, ben oltre il senso della semplice apertura di un nuovo museo».
Per Licandro e per l’amministrazione comunale la strada non è stata in discesa. Le resistenze all’ipotesi di una succursale etnea del Museo si sono rivelate molteplici. In particolare da parte di gruppi territoriali come Piemonte Stato e dalla Lega Nord. Senza dimenticare qualche difetto di comunicazione con la stessa Fondazione.
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