«Dopo un sopralluogo nei nostri appartamenti, la polizia ci ha detto di avere trovato solo poche cose. Da quello che ci hanno elencato sarebbero rimasti soltanto i muri». Al civico 11 di via Castromarino è ripresa la messa in sicurezza del cantiere da cui dovrà nascere la futura tratta metropolitana Stesicoro-Fonanarossa, per collegare lo storico quartiere Antico Corso all’aeroporto. E se il personale della Cmc – società di Ravenna incaricata per la realizzazione dell’opera – è tornato a lavorare, rimangono i segni del crollo del 20 gennaio 2020, proprio nella zona in cui sorge il cantiere. A questi si aggiunge lo stato di necessità dei residenti che, in attesa della ricostruzione, sono rimasti senza un tetto.
Da oltre due anni infatti gli inquilini hanno dovuto abbandonare le proprie abitazioni, lasciando tutto inalterato. Circostanza, quest’ultima, che avrebbe attirato diversi ladri i quali, approfittando dell’assenza di sorveglianza, avrebbero depredato quanto rimasto all’interno delle case dopo il crollo. «I residenti della zona ci avevano informato che mancavano degli infissi agli appartamenti – afferma Oriana Pappalardo Calareso a MeridioNews – Così abbiamo chiesto di potere entrare per constatare la situazione. I dipendenti della ditta non ci hanno fatto accedere. Così ci siamo rivolti alla polizia che, dopo essere entrata negli appartamenti, ci ha fatto l’elenco di ciò che era rimasto: praticamente più nulla: oltre agli infissi, non ci sono mobili, tubature e neanche i termosifoni». Dopo l’intervento degli agenti, un residente ha deciso di sporgere denuncia in questura. «Gli operatori, dopo essere entrati nel mio appartamento, verificavano che la porta d’ingresso era forzata. Inoltre – si legge nella testimonianza fornita alla forze dell’ordine – constatavano che tutti gli infissi in alluminio delle porte interne ed esterne erano state asportate».
Le famiglie che abitavano nei tre immobili della parte destra del palazzo sono rimaste fuori dalla trattativa di risarcimento che vede l’acquisto, la demolizione e la ricostruzione della struttura crollata. Nonostante la stessa ditta in un comunicato diffuso pochi giorni fa abbia specificato come i locali di questa parte dell’edificio siano agibili, a impedirne l’accesso sono le condizioni pericolanti del vano scala in comune con le due strutture. Secondo le famiglie escluse dalla trattativa, il vano scala sarebbe per la maggior parte di loro proprietà e non del palazzo acquistato da Cmc, responsabile, a loro dire, di lavori «non autorizzati» e svolti «arbitrariamente». Anche su questa vicenda, gli sfollati hanno cercato di mantenere alta l’attenzione presentando un esposto alla Procura della repubblica e al comando dei carabinieri. Alle istanze sollevate dai residenti, la ditta ha cercato di fare chiarezza. «Le attività della zona antistante il vano scala sono state autorizzate da Comune di Catania – è la posizione della ditta – come lavori di cantiere finalizzati alla messa in sicurezza dell’area e che a conclusione delle stesse potranno determinare la revoca dell’ordinanza da parte dell’autorità competente rendendo di fatto così nuovamente accessibile la stessa e consentendo ai proprietari la fruizione dei tre alloggi».
Dichiarazioni che però non sembrano affatto accontentare i residenti interessati. «Siamo in attesa di sapere se e quando avremo la possibilità di rientrare nelle nostre case – sottolinea Calareso – Siamo in affitto, con problemi di salute e costretti con la beffa dei furti di ciò che avevamo lasciato: chi ci darà i soldi per ricostruire e ricomprare tutto? – si chiede Caraleso – quando riusciremo a entrare nelle nostre abitazioni scattermeo dlele foto per testimoniare lo stato delle case. Anche la ditta ha sporto una denuncia, ma ai carabinieri – osserva la residente – noi, però, non siamo stati avvisati. Prima facevamo sorveglianza da noi – continua la residente – Da quando il palazzo crollato è di proprietà di Cmc, chi lavora in cantiere ci impedisce di entrare. Ci rivolgeremo alle istituzioni e agli avvocati per avere una volta per tutte un’autorizzazione per poter vedere qual è lo stato delle nostre abitazioni». La ditta dal canto suo sottolinea che «non solo la notizia è infondata – riporta nella nota – Cmc non avrebbe alcun titolo per vietare l’accesso negli appartamenti. Il divieto per ragioni di sicurezza deriva da un’apposita disposizione delle autorità competenti». Per una disputa che sembra tutt’altro che chiusa, restano le vicende giudiziarie. Il prossimo 14 giugno è attesa l’udienza dove sarà discussa l’opposizione alla richiesta di archiviazione nei confronti degli indagati Gianpiero Pavone e Antonino Pulejo – ex responsabili Cmc – Lo scorso gennaio il giudice ha accolto la richiesta di rinvio per bonario componimento.
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