Ventidue anni di carcere a untore che provocò morte della ex Gli avvocati dei familiari: «Nessuno può ritenersi vincitore»

Ventidue anni di carcere per omicidio volontario. Questa la condanna pronunciata nel pomeriggio di oggi nei confronti di Luigi De Domenico, il 57enne messinese accusato di aver causato la morte della ex compagna, un’avvocata 45enne deceduta per Aids. Malattia da cui era affetto l’uomo che, però, né a lei né ad altre partner ha mai dichiarato. «Mi limiterei a dire che ha prevalso il sentimento sulle prove», commenta a MeridioNews Carlo Autru Ryolo, il legale che difende De Domenico. «Comunque – aggiunge il difensore – attendo con ansia di leggere la motivazione».

Intanto, si chiude con questa decisione della Corte d’Assise il processo di primo grado per l’uomo. Lo scorso 22 dicembre il pubblico ministero Roberto Conte aveva chiesto una pena a 25 anni. La decisione è arrivata alle 17.15 di oggi pomeriggio dopo una lunga camera di consiglio iniziata alle 9 del mattino. A battersi in questi anni senza arrendersi mai perché venisse fuori la verità è stata soprattutto la famiglia della vittima

«Soddisfatti», si sono detti gli avvocati di parte civile Bonaventura Candido ed Elena Montalbano. «Quali difensori delle persone offese – affermano – non intendiamo rilasciare dichiarazioni trionfalistiche che sarebbero certamente fuori luogo. In questa dolorosa vicenda nessuno può ritenersi vincitore. Il riconoscimento delle nostre ragioni non restituisce alla vita la collega contagiata e, soprattutto, non restituisce la madre al nostro giovane assistito. Potremo sostenere – continuano – che la giustizia ha trionfato solo quando avremo una sentenza definitiva. Al momento, ci limitiamo a constatare che la Corte di Assise ha riscontrato la fondatezza delle nostre argomentazioni e – concludono – la conducenza delle prove raccolte dalla procura ed integrate dalla difesa». 

La vicenda della giovane avvocata ha portato a testimoniare altre donne alle quali De Domenico aveva taciuto la propria sieropositività. La 45enne è morta nel 2017 senza mai essere stata curata per l’Hiv. E su quest’altro aspetto c’è un processo, ancora in corso, che vede imputati tre medici accusati dalla procura di avere concausato la morte della donna, non riconoscendo per anni l’Aids. La professionista messinese, secondo i periti dell’accusa, presentava tutti i sintomi ma non vennero mai richiesti accertamenti specifici

Simona Arena

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