Venerdì Santo, la processione a San Giovanni Lorefice: «Mi occuperò dei bisogni del Capo»

«I nostri quartieri devono continuare ad essere luoghi di rapporti umani con attenzione all’altro». L’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, quest’anno ha voluto salutare così i cittadini del quartiere Capo, dove ieri si è svolta la tradizionale processione del Venerdì Santo. E come ogni anno, alla chiesa di San Giovanni alla Guilla, si è svolta la processione dei fercoli di Maria Santissima Addolorata e del Cristo Morto. Grandissima la partecipazione nella piazzetta alle spalle della cattedrale dove si sono concentrate decine di fedeli per seguire la manifestazione rievocativa della confraternita fondata nel 1947 ma anche per ascoltare le parole del presule che ha rivolto il pensiero alle famiglie disagiate, senza lavoro e in difficoltà economiche. «Vi assicuro la mia preghiera – ha ripetuto – tutti abbiamo diritto di essere felici e ad essere sostenuti nei momenti di fatica e sofferenza, nei bisogni più ordinari». 

Sul palco, al suo fianco, pure il sindaco di Palermo Leoluca Orlando mentre tra la folla anche Vincenzo Agostino, il papà del poliziotto Antonino ucciso assieme alla moglie in un agguato mafioso nel 1989: «Quando posso mi piace esserci – ha detto – perché da piccolo abitavo proprio a ridosso della cattedrale e qui, ogni anno, è sempre uno spettacolo meraviglioso». A rendere unica la rappresentazione che ogni anno va in scena in questo quartiere è la statua della Madonna che, a differenza di tutte le altre, è munita di un baldacchino che la protegge: «Siamo responsabili del trasporto della vara del Cristo morto da bel 27 anni – racconta Daniele Spina, della confraternita Maria santissima delle grazie ai pirriaturi, i lavoratori delle cave –  abbiamo stretto un gemellaggio con la confraternita della chiesa di Maria addolorata e Cristo alla Guilla. Oggi – ha concluso – siamo una quarantina e siamo fieri di portare sulle spalle un peso che oscilla  tra i 300 e i 400 chili: siamo tutti figli d’arte da almeno tre generazioni». 

Antonio Mercurio

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