Un’altra voragine, sempre nella piazza principale del Comune di Valverde. Alla prima pioggia della stagione si è aperto un grosso buco, profondo circa cinque metri e largo un paio, in un’aiuola del pieno centro cittadino. Da una parte il santuario, dall’altra il municipio e in mezzo il nastro di plastica bianco e rosso che vieta l’accesso alla zona ai pedoni. «Ieri sera è piovuta, in due ore, l’acqua che normalmente si accumula in un mese», spiega a MeridioNews il sindaco Rosario D’Agata. Ma se in una serata piove quanto in un mese è lecito aspettarsi che le prossime allerte meteo causino ulteriori disagi. Anche perché di «scavernamenti» nella storia di Valverde ce ne sono stati altri: quello di ottobre 2015 nel vicino corso Vittorio Emanuele, che aveva portato con sé una macchina parcheggiata, e quello che rende inutilizzabile il campo da hockey su prato di via Seminara.
«Molto probabilmente – dice D’Agata – si è rotta una conduttura che passava proprio sotto il punto in cui è avvenuto questo scavernamento. A tre metri dal palazzo comunale». In un’area poco distante da corso Vittorio Emanuele. «Il comune denominatore è il fatto che qui sotto ci sia terra: l’acqua, uscendo dalle tubature, scava, erode e genera depressioni». Non ci sono stati feriti né danni diversi dal cedimento, avvenuto intorno alle 23 di ieri sera. «Stiamo agendo tempestivamente – sostiene il primo cittadino – Consideriamo anche che c’è tutto il resto del territorio su cui stiamo facendo degli interventi: il circuito, tutto sommato, ha retto. Ma consideriamo che Valverde non ha un sistema fognario: tutti gli scarichi vanno a perdere nel sottosuolo».
Non solo: «Negli ultimi quarant’anni si è costruito senza nessun criterio: avevamo un piano di fabbricazione del 1972, per questo mi sono battuto per fare il nuovo piano regolatore generale. Che adesso è al vaglio della Regione Siciliana». Nel frattempo, però, secondo il sindaco la popolazione e le costruzioni del Comune sono raddoppiati, facendo sì che le tubature che convogliano le acque bianche non siano più sufficienti. «Sono vecchie e troppo piccole», continua D’Agata. «Veniamo da una situazione di scempio, bisogna fare un intervento su tutto il territorio e ci vogliono milioni di euro». Somme che un’amministrazione comunale non può avere a disposizione. «Prima ancora del consolidamento è necessario intervenire sulle cause dei cedimenti nel sottosuolo: l’acqua va irregimentata, bisogna agire sul sistema del deflusso».
Tutti interventi di lungo periodo, che male si accordano con la necessità di agire in tempi brevi. Prima che la stagione delle allerte meteo causi ulteriori danni. «Nei punti in cui ci sono delle spie, dei segnali di avvallamenti, agiamo – conclude Rosario D’Agata – Le faccio un esempio: mentre parlo stiamo puntellando il santuario. Finito quello, faremo la captazione delle acque. Ci si muove sulle necessità: quando c’è bisogno si agisce. Quello che serve, come ho detto, è un progetto su larga scala. Abbiamo chiesto aiuto alla protezione civile ma siamo abbandonati a noi stessi».
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