«Rifiutiamo l’imposizione dall’alto di modelli di sviluppo invasivi in antitesi con la natura agricola, paesaggistica e turistica del nostro territorio». Il territorio è quello della Valle del Simeto e l’imposizione invasiva quella derivante dalle concessioni minerarie date all’Enimed – controllata della multinazionale Eni – per la ricerca di idrocarburi che sono già in atto dalla scorsa estate nel territorio di Centuripe, in contrada Mandarano. Il rifiuto viene da un costituente comitato cittadino che si pone come primo obiettivo quello dello stop alle trivellazioni in questa vasta area dove scorre il fiume Simeto.
«Questo comitato si propone di contrastare le speculazioni, il saccheggio e lo snaturamento di questo territorio che sta avvenendo con il consenso della Regione e il silenzio dei sindaci». A parlare a MeridioNews è Emanuele Feltri, agricoltore biologico che vive e lavora nella valle del Simeto e anche esponente dell’associazione Casa del popolo di Adrano, ricordando che attraverso il Patto di fiume «i Comuni che ricadono nella valle, si sono assunti l’impegno di progettare in accordo con la popolazione, uno sviluppo sostenibile in armonia con l’ambiente che valorizzi le numerose risorse naturali, agricole e archeologiche coniugandole con le reali esigenze dei cittadini».
Le zone di concessione mineraria ricadono anche su altre aree sensibili come la zona del fiume Dittaino, nella piana di Catania, interessata da agricoltura e siti archeologici e un’altra ampia zona del Simeto che comprende l’oasi faunistica. In questo caso si tratta di una concessione Edison e tocca i territori di Paternò, Ragalna, Ramacca, Palagonia, fino a lambire la zona del ponte Primosole, alle porte di Catania.
«Le concessioni su cui ci concentreremo maggiormente – sottolinea il giovane che è anche uno dei coordinatori del comitato No Triv – riguardano la parte della valle del Simeto più ricca di agrumeti e di colture orticole, dove gli agricoltori sono già messi in ginocchio dalla grave emergenza idrica». Il primo motivo di rimostranza è, dunque, di carattere prettamente naturalistico-ambientale: «Le sostanze chimiche utilizzate nella fase di perforazione, molte delle quali tossiche, possono compromettere le falde acquifere, avvelenando la risorsa più importante di un territorio a vocazione agricola. Inoltre – aggiunge – esiste la possibilità che la falda acquifera possa essere contaminata dalla risalita dei gas, attraverso le fratture provocate dalle esplosioni usate in fase estrattiva». A questo si aggiungerebbe la questione pratica dello smaltimento di migliaia di metri cubi di fanghi tossici, prodotto di scarto dell’estrazione.
«Altro elemento fondamentale della nostra protesta – aggiunge – è l’impatto paesaggistico negativo: è incompatibile la presenza di quelli che potrebbero diventare dei veri e propri poli industriali di estrazioni di idrocarburi in un ambiente in cui ci sono aree di protezione speciale». Nello specifico, la contrada di Centuripe in cui è già stata montata una prima trivella di ispezione del sottosuolo è un territorio caratterizzato da siti preistorici rupestri «che andrebbero valorizzati e non avviliti dalla vicinanza di ecomostri», commenta l’agricoltore.
Un’assemblea pubblica nella sala Fabrizio De Andrè ad Adrano è stata organizzata dal comitato per domani pomeriggio alle18.00 per «non fermarci all’indignazione per uno sviluppo energetico non compatibile con la natura del territorio – conclude – ma per invitare agricoltori, artigiani e operatori del settore turistico a una partecipazione dal basso e la costruzione di una proposta e un progetto per un futuro sostenibile che non contrasti con l’economia locale».
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