Valentina, la donna lasciata sola ad abortire in bagno : “Non si parli del mio aborto, ma della legge 40”

LETTERA APERTA ALLA STAMPA DELLA DONNA  ROMANA ABBANDONATA IN UN BAGNO AD ABORTIRE PERCHE’ I MEDICI SI SONO RIFIUTATI DI APPLICARE LA LEGGE 194  E ALLA QUALE LA LEGGE 40 VIETA LA POSSIBILITA’ DI AVERE UN FIGLIO SANO

Stamattina, abbiamo parlato con un luminare della medicina, il Prof. Ettore Cittadini, dei dieci anni della Legge 40 che ha introdotto norme restrittive sulla fecondazione medicalmente assistita. Il pioniere della fecondazione assistita, è stato chiaro: “Questa legge è stata un disastro. Bisogna ricominciare da capo”. Una legge tra le più proibitive al mondo, peggio di noi, solo il Costa Rica. Con il Prof Cittadini abbiamo parlato dei danni che ha causato alle coppie e alla medicina italiana (qui potete leggere l’intervista) e delle prospettive future: la legge è stata bocciata da 18 pronunciamenti dei tribunali.

E proprio nel pomeriggio di oggi, un’altra prova, l’ennesima, dei danni procurati da una legge oscurantista e anacronistica: abbiamo tutti sentito parlare, in questi giorni di Valentina, la donna costretta ad abortire (per patologie genetiche)  in un bagno di un ospedale romano, col solo aiuto del marito, perché i medici si rifiutavano di applicare la legge 194. Un caso assurdo legato a doppio filo alla legge 40: ha  una malattia genetica trasmissibile rara e terribile, ma in teoria è fertile, quindi per lei non è previsto l’accesso alla fecondazione assistita, alla diagnosi pre-impianto.

Lo spiega lei stessa, in questa lettera aperta inviata alla stampa, e pubblicata dall’associazione Luca Coscioni, in cui esorta a non concentrarsi sul suo aborto, ma sugli assurdi divieti della Legge 40:

 

Mi chiamo Valentina, la ragazza di cui tanto si parla in questi giorni.

Ho deciso, insieme a mio marito, di non rilasciare alcuna intervista, ne video né scritta, a nessuna testata giornalistica e nessun programma tv, per due ragioni.
La prima è che quello che dovevo dire l’ho già detto, e perché ripercorrere quel dolore fa ancora molto male. Quello che ho raccontato durante la conferenza stampa di lunedì 10 marzo indetta dall’Associazione Luca Coscioni spero possa servire affinché tutti sappiano che se non ci fosse stata la legge 40 con i suoi assurdi divieti tutto quello che ha riguardato me e la mia famiglia in questi anni non sarebbe mai successo.

Prima della conferenza stampa ero stata ospite, insieme a mio marito Fabrizio, di altre due trasmissioni televisive: una l’anno scorso, un’altra registrata a febbraio di quest’anno, prima dunque che si verificasse tutto l’interesse mediatico per quanto successo quattro anni fa al Pertini.

Ora, dunque, preferisco rimanere in silenzio, con l’eccezione di queste poche righe.

Per quanto riguarda l’obiezione di coscienza: i dati provenienti dalle regioni italiane e la decisione del Consiglio d’Europa parlano chiaro, non sono certo io e non voglio essere io il pretesto per sollevare agli occhi di stampa e politica la questione, che dovrebbe essere affrontata a prescindere dai casi come quello mio.

La seconda ragione è che tutta l’attenzione si è concentrata sulla vicenda dell’aborto, mentre per me è importante che ci si occupi seriamente del vero problema alla base della mia storia, che è la legge 40, e anche delle conquiste che sono state annunciate in conferenza stampa. Ora spetterà alla Corte Costituzionale decidere se abbiamo ragione oppure no.

Vorrei, da cittadina italiana, che si parlasse di questo.

Il mio dolore svanirà quando tutti i cittadini avranno gli stessi diritti”.

 

 

Antonella Sferrazza

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