Tre aggressioni nella sola giornata di martedì scorso, tutte contro altrettante dottoresse e un ausiliario di guardia al Pronto soccorso dell’ospedale Vittorio Emanuele di Catania. Un presidio che, come dichiarano i protagonisti della vicenda, sta diventando sempre di più «una trincea» nella guerra che alcuni pazienti sembrano aver dichiarato al personale sanitario. Colpevole di non piegarsi alle richieste illegittime di un’utenza spesso violenta. «Ero nell’altra stanza quando nel pomeriggio la mia collega è stata insultata pesantamente – spiega a MerdioNews una delle vittime – il parente di una signora voleva un cuscino che noi non avevamo e ha iniziato a urlare, prendendo a schiaffi un dipendente dell’ospedale».
Un episodio al quale, dopo qualche ora, fa seguito un secondo atto più grave che vede protagonista proprio la professionista che ha deciso di parlare. «Un ragazzo è venuto in reparto accompagnato dal 118, lamentando un dolore toracico – racconta – Ha fatto tutti gli accertamenti e, in attesa degli esami, gli avevo raccomandato di non allontanarsi dal Pronto soccorso. Ovviamente non vengo ascoltata e lui sparisce per più di mezz’ora. L’ho cercato in tutte le stanze, l’abbiamo chiamato con l’interfono, e sono uscita al triage per vedere se era lì fuori – continua – Ma non era lì e, come mi impone la legge, ho chiuso la cartella clinica come abbandono di ambulatorio». Come nel caso di Angela Strazzanti, la dottoressa ha seguito la procedura, essendo penalmente responsabile della salute della persona ricoverata. Ma il paziente, successivamente, decide di tornare.
«Aveva detto all’infermiera di sentirsi male, per questo l’abbiamo fatto rientrare ma quando gli ho detto di non poter riaprire la sua cartella – precisa la dottoressa – l’uomo si è alzato dal lettino e ha iniziato a dare pugni sul muro, talmente forti da ferirsi, urlando frasi e minacce come “Cca non si tu a legge, ora ti fazzu avviriri iu“». Sostenendo insomma che la legge non è rappresentata dai medici e minacciandola.
A questo punto, nonostante fosse arrivato al reparto d’urgenza claudicante, l’uomo esce correndo dalla stanza, ma torna dopo poco urlando alla dottoressa «T‘aspettu fora appena nesci, buttana e troia», aspettandola di fronte all’ambulatorio. «Nello stesso tempo ho chiamato il triage per chiamare la polizia. Noi infatti abbiamo il dispositivo diretto ma – afferma preoccupata – dopo un controllo nel pomeriggio, si era visto che non funzionava. Chiamo allora con il mio cellulare alla polizia». Che interviene e lo denuncia. Solo qualche giorno fa i sindacati di polizia si erano scagliati contro la decisione di spostare il personale dai commissariati, da cui dipendono i presidi negli ospedali, alla questura centrale. Parlando di «arretramento dello Stato dai quartieri».
La terza aggressione, infine, avviene di notte. Fonti interne fanno sapere che un terzo paziente, stanco di aspettare, è entrato nell’ambulatorio con la moglie e la sorella e ha aggredito un’altra dottoressa in servizio. L’uomo ha lanciato con forza un pacchetto di fazzoletti contro la professionista, mentre la sorella l’ha afferrata per il mento minacciandola di morte. Anche in questo caso, raccontano dall’ospedale, i vigilantes non sono intervenuti ma è arrivata la polizia che ha denunciato d’ufficio gli aggressori.
«Da quando Angela ha avuto il coraggio di denunciare questo stato di cose noi siamo presi di mira – conclude la dottoressa – perché abbiamo osato uscire da questa omertà. Noi proviamo a fare i medici in un territorio dove i pazienti pensano di essere a casa loro, arrivano agguerriti e pretendono che noi ci pieghiamo al loro volere senza dire nulla». Sulle vicende si è espresso anche il sindacato medico Anaoo Assomed che ha chiesto un riscontro da parte del direttore generale Paolo Cantaro. Ieri mattina la sigla ha presentato inoltre una richiesta urgente di intervento e chiedendo anche un incontro con la prefetta e il sindaco Enzo Bianco.
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