Usura, arrestati i noti ristoratori Bosco Prestiti riscossi insieme alla mafia etnea

Supermercati, gastronomia, catering e – nel tempo libero – usura da un milione e mezzo di euro. Con tassi di interessi annui del 140 per cento. Sono le attività dei Bosco, nota famiglia etnea del campo del catering e della distribuzione alimentare, secondo la procura di Catania che questa mattina ha disposto l’arresto di 27 persone per quello che sarebbe «uno dei più grossi giri di usura della città», come lo definisce il magistrato Giovannella Scaminaci. Tra questi, il capostipite della famiglia Giuseppe Bosco, i figli Mario, Antonino e Salvatore, e i nipoti Giuseppe e Sebastiano. Nei loro confronti è stato eseguito anche un sequestro preventivo di quasi 400mila euro: per lo più ritrovati in contanti nella cassaforte di uno dei supermercati cittadini gestiti dai Bosco. «Una somma di denaro sicuramente sproporzionata al volume di affari dell’attività», commenta il procuratore capo Giovanni Salvi.

Profitti derivanti dall’usura dal 2008 al 2012 secondo gli investigatori, aiutati dalle testimonianze di diverse vittime. Due delle quali si sono rivolte all’associazione anti racket Asaee, stanche di pagare cifre fino a diecimila euro al mese. «Chi ha collaborato ha già ottenuto i benefici previsti dalla legge in quanto a sicurezza e ad aiuto alle loro attività economiche quasi al tracollo», spiega Scaminaci. Imprese in ginocchio anche per le successive richieste di pizzo, come spiega Antonio Salvago, dirigente della Squadra mobile etnea: «Abbiamo scoperto 21 episodi di usura e undici di estorsione, perché gli usurai venivano spalleggiati nella richiesta degli interessi da appartenenti alla criminalità organizzata». Come Massimo Squillaci, del clan Mattiddina affiliato ai Santapaola, Mirko Casesa della famiglia Santapaola-Ercolano e Giuseppe Platania dei Ceusi.

La base operativa sarebbero stati proprio i due supermercati a marchio Fratelli Bosco, in via Orto dei limoni e in via Oliveto Scammacca. Le cifre prestate a diversi imprenditori, commercianti e artigiani del Catanese andavano dai settemila ai 350mila euro, più gli interessi fino al 140 per cento annuo. Per restituire le somme, il gruppo aveva pensato a diversi piani personalizzati: il trattenimento anticipato dell’interesse sulla somma prestata, il pagamento mensile di una rata o dell’intera somma entro un periodo fissato, senza considerare la restituzione dell’intero importo del prestito.

Da pagare anche con il bancomat nei pos dei supermercati, ma senza fare sconti a nessuno. In un caso, infatti, una vittima sarebbe stata costretta a versare anche la somma di 60 euro corrispondente alla commissione della transazione. Per le vittime che non riuscivano a pagare in tempo sarebbero stati messi a punto dei veri e propri piani di rientro, con la cessione di immobili di loro proprietà agli usurai oppure con l’intervento degli uomini di Cosa nostra catanese. Con cui i Bosco, secondo gli inquirenti, avevano una certa familiarità: «Io ho questo con Cappello, a quello con i Tigna, a quello con i Puntina e questo con i Mussi… Ne ho quattro…», si sente dire in un’intercettazione ad Antonino Bosco.

In queste ore la Guardia di finanza etnea sta effettuando dei sequestri preventivi per 800mila euro nei confronti di 20 degli indagati, una cifra ritenuta equivalente ai profitti dell’usura. Quasi 400mila euro sono stati già trovati nelle abitazioni dei Bosco e, per lo più, nella cassaforte del supermercato di via Orto dei limoni.

Tra gli indagati per usura ed estorsione, in un giro parallelo a quello gestito dai ristoratori, ci sono anche Francesco Agnello e Antonino Buffa, due dipendenti del ministero di Giustizia, uno dei quali prestava servizio presso gli uffici della Procura di Catania e l’altro era in pensione. Gli altri arrestati per associazione a delinquere, usura ed estorsione, alcune aggravate dal metodo mafioso, sono: Santo Condorelli, Antonino Cuntrò, Mario Cuntrò, Mario De Luca, Giovanni Di Prima, Alfio Di salvatore, Giuseppe Finocchiaro, Salvatore Gullotta, Luciano Maci, Giuseppe Nicolosi, Carmelo Scuderi, Antonino Vaccaro e Carmelo Venia.

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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